Se gli esami a cui siete state sottoposte dimostrano la presenza di un tumore della cervice uterina, il medico curante vi sottoporrà a ulteriori accertamenti per verificare se la malattia si è diffusa. In questo modo egli può stabilire più agevolmente qual è il trattamento migliore per il vostro caso. L’approfondimento diagnostico può comprendere i seguenti esami, ma non necessariamente tutti.

 

Analisi del sangue:

servono per controllare lo stato delle cellule ematiche e la funzionalità dei reni e del fegato. Si eseguono di routine, ma non danno informazioni relative al tumore.

 

Radiografia del torace:

Permette di evidenziare le condizioni del cuore e dei polmoni.

 

Ecografia pelvica:

tecnica radiologica che fa uso delle riflessioni degli ultrasuoni emessi da una piccola sorgente che, opportunamente convertite in immagini per mezzo di un computer, servono per visualizzare le strutture interne della pelvi.

Dopo avervi fatto sdraiare sul lettino il medico spalma sull’addome un sottile strato di gel, che serve a migliorare il contatto con la cute di un piccolo strumento, simile ad un microfono, che emette gli ultrasuoni e riceve le loro riflessioni. Facendolo scorrere sull’addome, il medico può visualizzare sul monitor le immagini che gli mostrano le condizioni degli organi interni, evidenziando eventuali aree anomale. È necessario bere molto prima dell’esame in modo che la vescica sia piena e si possa avere un’immagine più chiara. L’ecografia è una metodica indolore che dura solo pochi minuti.

In aggiunta, si esegue il medesimo esame inserendo in vagina una sonda per visualizzare la pelvi dall’interno. Questa procedura  non è dolorosa, dura solo pochi minuti e può essere effettuata a vescica vuota.

 

Tomografia computerizzata (TC):

tecnica radiologica che si esegue in ospedale presso il servizio di diagnostica per immagini e che permette di ottenere immagini tridimensionali delle strutture interne di un organo su piani successivi. Le immagini così prodotte sono inviate ad un computer che le elabora per dare poi il quadro dettagliato delle strutture interne esaminate. Una volta sistemata nella corretta posizione sul lettino, si procede all’esame, che dura circa 10-30 minuti. Questa tecnica può essere molto utile per localizzare esattamente il tumore o per verificare se la malattia si è diffusa ad altri organi; è di per sé indolore e ben tollerata.

Nelle quattro ore che precedono l’esecuzione della TC non si deve mangiare né bere. Per ottenere immagini ancora più chiare il medico potrebbe ritenere opportuno impiegare un mezzo di contrasto contenente iodio (come generalmente accade). Prima dell’esame si devono eseguire degli esami del sangue e delle urine, i cui risultati devono essere consegnati al radiologo prima che vi sottoponga alla TC. All’inizio della procedura il radiologo inietta per via endovenosa - nel braccio - il mezzo di contrasto che può causare un lieve senso di bruciore per qualche minuto. Se si soffre di allergia allo iodio o di asma, prima della somministrazione del mezzo di contrasto è importante informare il radiologo per evitare una reazione piuttosto seria.

 

 

Risonanza magnetica nucleare (RMN):

si usa solo in casi selezionati (ad esempio, in presenza di allergia al mezzo di contrasto, insufficienza renale o malattie della tiroide, ecc.). Questa tecnica radiologica utilizza i campi magnetici per elaborare immagini dettagliate delle strutture interne dell’organismo. Per la migliore riuscita è indispensabile rimanere sdraiati e fermi quanto più possibile sul lettino che si trova all’interno di un cilindro di metallo. Prima di entrare nel cilindro è necessario rimuovere ogni oggetto metallico. I portatori di pacemaker o altri tipi di clip metalliche chirurgiche non possono sottoporsi alla RMN a causa dei campi magnetici, e se si soffre di claustrofobia, è opportuno informare il medico. L’intera procedura può richiedere fino ad un’ora ed è indolore.

 

Tomografia  ad emissione di positroni (PET):

procedura fondamentale nella fase diagnostica per stabilire la reale diffusione del tumore, dopo il trattamento per verificare se eventuali ‘masse’ residue contengono cellule tumorali, ed anche per formulare la prognosi, soprattutto nella malattia in stadio avanzato.
La PET si basa sulla conoscenza che i tumori consumino più glucosio rispetto ai tessuti normali. Durante l’esame si somministra per endovena un composto contenente zucchero radioattivo, che si diffonde in tal modo in tutto il corpo. La scansione si esegue dopo circa un paio d’ore. Attraverso il computer è possibile visualizzare le parti che assorbono maggiormente il glucosio; sarà poi il medico nucleare a valutare il significato di quest’assorbimento.

 

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