La ricostruzione senza l’impiego della protesi può essere effettuata sia come intervento immediato che differito. Consiste nell’impiego di tessuti propri della paziente che vengono ‘trasferiti’ da altre regioni del corpo a quella mammaria.

Le tecniche più diffuse sono:

Ricostruzione con lembo addominale DIEP

Ricostruzione con lembo gran dorsale

Ricostruzione con trapianto adiposo (lipofilling)

Ricostruzione con espansore e protesi

 

Ricostruzione con lembo addominale DIEP

È una tecnica chirurgica ricostruttiva con tessuti propri della paziente in cui si ricorre al prelievo della pelle e del grasso addominale nella regione tra l’ombelico e il pube. Il termine DIEP (Deep Inferior Epigastric Perforator) indica i vasi sanguigni che garantiscono l’afflusso di sangue al lembo, i quali vengono prelevati preservando i muscoli dell’addome e riconnettendoli al sistema vascolare dell’ascella. Il risultato è una mammella ricostruita ma con un aspetto naturale. (Fig. 3)
Dopo una “mastectomia totale” con asportazione della cute mammaria, il seno ricostruito con il lembo DIEP, anche se con una ridotta sensibilità, per la sua naturalezza viene favorevolmente accettato dalle pazienti, recuperando una qualità di vita molto prossima a quella precedente l’intervento chirurgico. Nel caso invece di un’operazione conservativa della cute e del complesso areola-capezzolo (nipple-sparing), con il tempo si recupera anche la sensibilità.

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Vantaggi:

  • con il lembo DIEP si riducono quasi completamente i rischi d’infezione e del tutto quelli d’intolleranza legati all’uso delle protesi (contratture capsulari), soprattutto se la ricostruzione viene preceduta o seguita dalla radioterapia locale;
  • la mammella ricostruita con il tessuto addominale possiede aspetti tattili e fisici molto simili a quelli del seno naturale e, insieme al resto del corpo, si modifica seguendo il peso della paziente e il fisiologico processo d’invecchiamento;
  • eventuali irregolarità del profilo o differenze di volume tra i due seni si possono risolvere con iniezioni riempitive di grasso proprio, prelevato in piccole quantità da altre parti del corpo con la tecnica del trapianto adiposo.

Svantaggi:

  • la ricostruzione mammaria con lembo DIEP comporta una lunga cicatrice orizzontale sul basso addome, poco più sopra il pube, del tutto sovrapponibile a quella conseguente alla ‘addominoplastica’ estetica e comunque nascondibile sotto lo slip;
  • la mammella ricostruita avrà una o più cicatrici; se l’asportazione è totale, residuerà una cicatrice ellittica che circoscrive il lembo DIEP trasferito, in cui di solito la parte inferiore dell’ellissi è nascosta nel solco sottomammario, mentre quella superiore viene possibilmente posizionata all’interno della coppa del reggiseno.

Possibili complicanze:

  • sanguinamento: nei rari casi in cui si verifica, necessita di un breve ritorno in sala operatoria;
  • necrosi parziale o totale del lembo, complicanza altrettanto rara. La necrosi parziale si presenta come un piccolo indurimento periferico del tessuto adiposo del lembo, il quale potrà essere rimosso con un intervento in anestesia locale senza compromettere il risultato estetico della ricostruzione. Se la necrosi è totale, evento rarissimo, è necessario ricostruire la mammella con un nuovo intervento chirurgico.

 

Ricostruzione con lembo gran dorsale

È una tecnica ricostruttiva che utilizza il muscolo gran dorsale con un lembo di cute sovrastante (Fig. 4) e, come il DIEP, utilizza tessuti autologhi integrati eventualmente da una protesi. Nel caso di un seno di piccole dimensioni, può essere utilizzato il solo muscolo senza l’impiego della protesi.

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Questa tecnica è suggerita in alternativa al la ricostruzione con lembo addominale DIEP quando la paziente non ha sulla pancia il grasso sufficiente per ricostituire il volume mammario.

Nel caso in cui il trattamento antitumorale preveda la radioterapia, questa tecnica viene differita, cioè rimandata ad un intervento successivo a quello della mastectomia, per evitare che le radiazioni inducano fenomeni di contrattura e intolleranza alla protesi.

Una tecnica simile, ma che non prevede l’utilizzo del muscolo, è quella del lembo cutaneo-adiposo TDAP (Toraco-Dorsal Artery Perforator) (Fig. 5). Anche in questo caso per integrare il volume si può ricorrere ad una protesi o al riempimento con tessuto adiposo autologo (lipofilling).

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Vantaggi:

  • possibilità di ricostruire un seno con una coppa di piccole-medie dimensioni, ma ben più morbida e con una caduta più naturale rispetto ai risultati ottenibili con la tecnica dell’espansore e protesi;
  • il rischio di ‘contrattura capsulare’ da corpo estraneo è minore che con l’espansione o inesistente se si tratta di una ricostruzione ‘autologa’, cioè senza protesi ma solo con i tessuti della paziente.

Svantaggi:

  • la tecnica implica il prelievo di un muscolo dal dorso con la possibile conseguenza di una lieve limitazione dei movimenti della spalla che non interferisce con le normali attività quotidiane;
  • a seguito dell’intervento residuano due cicatrici: una lineare sulla parete posteriore del torace, per prelevare il muscolo necessario alla ricostruzione (di solito nascosta sotto la fascia orizzontale del reggiseno), l’altra di forma ellittica, si trova sul cono mammario e circoscrive la cute trasferita dal dorso. In alcune circostanze, è possibile incidere verticalmente la parete laterale del torace, anziché il dorso, in modo che la cicatrice sia nascosta dal braccio.

Possibili complicanze:

  • sanguinamento e infezione;
  • in casi rari, necrosi parziale o totale del lembo. La necrosi parziale si presenta come un piccolo indurimento periferico del tessuto adiposo del lembo, il quale potrà essere rimosso con un intervento in anestesia locale senza compromettere il risultato estetico della ricostruzione. Se la necrosi è totale, evento rarissimo, è necessario ricostruire la mammella con un nuovo intervento chirurgico.

 

Ricostruzione con trapianto adiposo (lipofilling)

È un intervento chirurgico che consiste nel prelievo di tessuto adiposo, ovvero di grasso sottocutaneo, da aree che ne presentano un eccesso e nel suo trapianto in aree che necessitano un reintegro. Ciò consente di aumentare il volume del seno ricostruito (effetto riempitivo) o di correggere eventuali difetti di tessuto adiposo localizzati (effetto correttivo), migliorandone il risultato finale.

Vantaggi:

  • come per la ricostruzione con lembi di tessuto proprio, l’utilizzo di cellule della paziente impedisce qualunque forma di allergia e rigetto;
  • l’aspirazione del grasso può migliorare esteticamente le aree con eccesso di tessuto adiposo;
  • il trattamento può essere ripetuto fino a ottenere il risultato desiderato.

Svantaggi:

  • essendo un intervento chirurgico, può avere delle complicanze (ematomi, infezioni, ecc.);
  • poiché il tessuto grasso impiantato non sempre attecchisce integralmente, si tende a iniettarne più del necessario. Per vedere il risultato definitivo si deve quindi attendere qualche mese;
  • per lo stesso motivo, secondo l’ampiezza e il tipo di difetto da correggere, potrebbero essere necessari più interventi correttivi.

Possibili complicanze:

  • possibile compromissione della circolazione linfatica della zona operata con un lieve gonfiore che, in genere, si risolve spontaneamente o con massaggi nel giro di 2 mesi;
  • in rari casi sanguinamento e infezione;
  • nel periodo postoperatorio un certo grado di riassorbimento del tessuto adiposo trapiantato con conseguenti asimmetrie di superficie o di volume che si potranno correggere quando le condizioni locali saranno stabilizzate.

 

Ricostruzione con espansore e protesi

Questa tecnica molto diffusa sfrutta la possibilità della pelle di distendersi progressivamente, come avviene in gravidanza. (Fig. 6)

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Richiede tre fasi distinte:

Prima fase chirurgica - posizionamento dell’espansore. Dopo che il chirurgo oncologo ha rimosso la ghiandola mammaria, il chirurgo plastico inserisce sotto il muscolo pettorale l’espansore che si presenta come un palloncino di gomma sgonfio;

Fase ambulatoriale - riempimento dell’espansore con soluzione fisiologica attraverso una valvolina sottocutanea e un ago sottilissimo. Inizia a distanza di qualche settimana dall’intervento e richiede più sedute intervallate da 7-14 giorni per circa 3-4 mesi. Man mano il palloncino si gonfia, la cute si dilata, creando lo spazio per inserire la protesi definitiva;

Seconda fase chirurgica - impianto della protesi definitiva. A distanza di alcuni mesi, per evitare fenomeni di ‘retrazione’ della pelle, il chirurgo plastico rimuove l’espansore e inserisce la protesi definitiva, rimandando la ricostruzione del capezzolo dopo che la protesi si sarà assestata.

Vantaggi:

  • i tempi operatori sono più brevi della ricostruzione con tessuto autologo, ma il risultato estetico è meno soddisfacente;
  • le conseguenze dell’intervento si attenuano in pochissimo tempo con il recupero di un aspetto normale e, se il risultato è soddisfacente, con la possibilità di indossare abiti scollati;
  • rappresenta una valida alternativa alla ricostruzione con tessuto proprio quando questa sia tecnicamente impossibile oppure sia rifiutata dalla paziente.

Svantaggi:

  • rispetto alle tecniche con tessuto autologo, l’aspetto del seno è meno naturale, poiché appare rigido e privo della naturale ‘caduta’;
  • per essere completata richiede due interventi chirurgici, intervallati da diverse sedute ambulatoriali per gonfiare l’espansore.

Possibili complicanze:

  • ‘migrazione’ (spostamento) della protesi;
  • ‘rigetto’ (reazione da corpo estraneo) della protesi con contrattura della capsula circostante;
  • infezioni.

Inoltre, la protesi non è definitiva e dunque dovrà essere controllata negli anni e sostituita per un possibile rischio di rottura spontanea dovuta a usura.

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