Fin dalla loro scoperta, avvenuta più di un secolo fa, i raggi X hanno trovato sempre più vasta applicazione in medicina, sia per la diagnosi, quando si utilizzano per ‘fotografare’ le strutture interne del nostro organismo, sia per la terapia, come avviene nel trattamento dei tumori con la radioterapia.
La radioterapia consiste nell’uso di radiazioni ad alta energia per provocare la morte delle cellule tumorali, cercando al tempo stesso di preservare il più possibile le cellule dei tessuti sani circostanti. Non è una terapia invasiva, non richiede anestesia, non provoca dolore, non rende radioattivi; può provocare minimi effetti collaterali e si effettua generalmente in regime ambulatoriale.
A seconda di come viene utilizzata si distingue in:
- radioterapia a fasci esterni, che consiste nell’irradiare la zona interessata dall’esterno, utilizzando, nella maggior parte dei casi, un acceleratore lineare (LINAC);
- brachiterapia (dal greco brachýs, corto), che significa letteralmente ‘terapia da vicino’ e consiste nell'introdurre la sostanza radioattiva (semi o sorgenti sigillate) nelle vicinanze o all’interno del tessuto da trattare;
- radioterapia intraoperatoria (o IORT) in cui una singola, alta dose di radiazioni è somministrata nel corso dell'intervento chirurgico, permettendo l’irradiazione della sede in cui si trovava il tumore;
- radioterapia metabolica, che consiste nell’utilizzo a scopo terapeutico di farmaci emettenti radiazioni, che vengono metabolizzati dall’organismo. Per motivi di radioprotezione, visto che utilizza sorgenti radioattive non sigillate, si esegue in regime di ricovero protetto, in camere adeguatamente allestite;
- adroterapia, che utilizza radiazioni costituite da fasci di particelle molti pesanti (protoni, neutroni o ioni) di altissima energia, che consentono di depositare la dose in una zona molto ristretta.
L’alta energia utilizzata in radioterapia, notevolmente più elevata rispetto a quella che si usa in radiologia diagnostica per le normali radiografie, porta a morte le cellule tumorali presenti nell’area irradiata, impedendone così la crescita e la moltiplicazione, ma contemporaneamente danneggia le cellule normali dei tessuti sani circostanti. Tale danno, la cui entità dipende dalla sede su cui sono dirette le radiazioni, viene riparato dalle stesse cellule sane nel corso di poco tempo dopo la conclusione del trattamento.
Gli effetti collaterali della radioterapia sono diversi a seconda dell’area irradiata. Accanto a questi sintomi specifici, peraltro controllabili con terapie adeguate al caso, alcuni pazienti riferiscono in genere senso di stanchezza transitorio, che regredisce al termine del trattamento.
Per ridurre gli effetti collaterali, fornendo al contempo una dose letale alle cellule tumorali, la radioterapia viene generalmente erogata in singole sedute quotidiane, frazionando in tal modo la dose totale in dosi più piccole distribuite nel tempo (frazionamento). Le sedute si effettuano dal lunedì al venerdì, per un periodo variabile da una a più settimane. Tuttavia, in casi selezionati è possibile erogare l’intera dose in un’unica seduta o in poche sedute, su un volume tumorale di piccole dimensioni (ad esempio, nei tumori o nelle metastasi cerebrali): si tratta di una modalità di terapia particolare, detta radioterapia stereotassica (2-5 frazioni) o radiochirurgia (singola frazione).