L’immunoterapia consiste nella somministrazione di sostanze di origine sintetica in grado di stimolare, orientare o ripristinare il sistema immunitario dell’organismo a difendersi dalla malattia. In pratica, consente al sistema immunitario di riconoscere le cellule tumorali come tali, attivando una risposta immune contro la malattia. Gli immunoterapici si somministrano per infusione in vena (di solito del braccio). Gli effetti collaterali sono per lo più di modesta entità e regrediscono dopo terapia con steroidi. Un effetto collaterale tipico di questi farmaci sono reazioni autoimmuni (es. epatite), dovute a un eccesso di attivazione del sistema immunitario, ovviamente presenti anche nelle combinazioni che li comprendono.

I farmaci immunoterapici impiegati per la terapia dei tumori del rene sono nivolumab e prembrolizumab, entrambi appartenenti alla classe dei cosiddetti inibitori di checkpoint immunitari, una famiglia di proteine che fungono da freno alla risposta immunitaria. La loro inibizione potenzia l’attività antitumorale da parte delle cellule del sistema immunitario, che così possono ridurre o bloccare la crescita tumorale. Queste sostanze hanno relegato in secondo piano l’impiego dell’interferone alfa e dell’interleuchina 2, oggi riservati a casi eccezionali.

Nivolumab (Opdivo®): 

è indicato per il trattamento del carcinoma renale avanzato. Somministrato per via endovenosa ogni 2 o 4 settimane, è un trattamento usualmente molto ben tollerato, ma che in alcuni casi può portare a effetti collaterali causati da un’eccessiva stimolazione del sistema immunitario.

Prembrolizumab (Keytruda®): è indicato per il trattamento del carcinoma renale avanzato. Somministrato per via endovenosa ogni tre settimane. Gli effetti collaterali più comuni sono diarrea, nausea, prurito, eritema, artralgia e stanchezza, per lo più di entità da lieve a moderata.

Combinazioni di terapia a bersaglio molecolare e immunoterapia:

 Axitinib e pembrolizumab: al momento è l’unica combinazione di farmaci approvata all’uso in Italia per il trattamento dei casi di  malattia avanzata. È ben tollerata, ma associa possibili effetti collaterali legati alle due classi di farmaci, in particolare innalzamento della pressione sanguigna, disturbi a carico dell’apparato gastrointestinale e reazioni autoimmuni.

 

 

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