Alcuni pazienti, in caso di mancata risposta alla chemioterapia o di recidiva dopo la prima chemioterapia, devono essere trattati con una chemioterapia a dosi molto alte allo scopo di aumentare le probabilità di guarigione. L’impiego di una chemioterapia ad alte dosi prevede la reinfusione di cellule staminali prelevate da sangue periferico. Le cellule staminali emopoietiche sono le cellule dalle quali si formano tutte le altre cellule del sangue. Possono essere prelevate direttamente dal sangue (modalità ormai utilizzata nella quasi totalità dei casi) o dal midollo osseo. La reinfusione delle cellule staminali ha lo scopo di facilitare/accelerare la ripresa delle cellule del sangue riducendo gli effetti del trattamento ad alte dosi.

Come si prelevano e si reimpiantano le cellule staminali?

Dopo la chemioterapia si somministra il fattore di crescita, una proteina che fa moltiplicare le cellule staminali, che quindi passano rapidamente dal midollo osseo al sangue. Il fattore di crescita si somministra di solito quotidianamente sotto forma di iniezioni sottocutanee.

Le cellule staminali possono essere raccolte quando il conteggio delle cellule ematiche ha raggiunto i valori richiesti. Questa procedura richiede circa 3-4 ore. Dopo aver fatto sdraiare il paziente su un lettino, l’infermiere inserisce un ago per flebo in una vena di ciascun braccio. Il sangue defluisce molto lentamente dalla vena in una macchina detta centrifuga che, girando, separa le cellule staminali e le raccoglie in un apposito contenitore. Il sangue è quindi reintrodotto nell’organismo attraverso la vena dell’altro braccio.

Le cellule staminali così raccolte sono congelate fino al termine del trattamento, quando possono essere scongelate e reinfuse nell’organismo con una procedura simile ad una trasfusione di sangue.

Ad alcuni pazienti sono reinfuse le cellule staminali di un donatore (trapianto allogenico), anziché le proprie (trapianto autologo). Sono oggi utilizzabili a questo scopo le cellule di un fratello, di un donatore volontario compatibile, del cordone ombelicale, di familiari compatibili al 50%.

I trapianti di midollo osseo e di cellule staminali richiedono procedure complesse, non prive di rischi per il paziente, e per tale motivo si eseguono solo presso strutture ematologiche altamente specializzate.

Per i pazienti che ricadono dopo il trapianto o che non rispondono a due linee di chemioterapia recentemente ha dimostrato una notevole efficacia l’utilizzo delle cosiddette CAR-T. Esse trovano indicazione in alcuni tipi di linfomi non Hodgkin e nelle leucemie linfoblastiche del giovane. Sono costituite dai linfociti T prelevati dal paziente stesso e in seguito modificati biologicamente in laboratorio tramite l’introduzione del recettore CAR, in grado di identificare un bersaglio specifico, l’antigene CD19, espresso dalle cellule del linfoma. In questo modo i linfociti T sono in grado di attaccare selettivamente e distruggere le cellule tumorali. Rappresentano sicuramente un passo importante nella cura dei linfomi, anche se si tratta di terapie molto delicate che solo pochi centri specializzati possono effettuare poiché gravate da importanti effetti collaterali.

Esiste una rete tra le diverse ematologie/oncologie che permette anche a pazienti normalmente curati in centri che non eseguono le CAR-T di essere riferiti ai centri autorizzati che valuteranno l’eleggibilità del paziente a tale trattamento per eseguirlo in tutta sicurezza.

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