Che cos’è: rappresenta il 15-20% delle leucemie infantili. È caratterizzata da una progressione molto rapida.

Incidenza: in Italia si registrano ogni anno 7-8 nuovi casi ogni 100.000 bambini. Le fasce di età più colpite sono i bambini con meno di un anno e gli adolescenti tra 10 e 14 anni.

Prognosi: grazie alla progressiva ottimizzazione dei criteri di classificazione del rischio e al miglioramento delle strategie terapeutiche, la sopravvivenza libera da malattia a 8 anni dalla diagnosi è oggi superiore al 60%.

Tipi: le leucemie mieloidi acute formano un gruppo molto eterogeneo, con diversi sottogruppi caratterizzati da una differente sensibilità alla terapia, per i quali è necessario adottare il regime terapeutico più adeguato in base alla fascia di rischio.

Trattamento: lo scopo è ottenere la remissione completa eliminando tutte le cellule leucemiche presenti nel sangue e nel midollo osseo. È basato su differenti fasce di rischio, definite in base alle caratteristiche genetiche e alla risposta alla terapia. In questo modo è possibile evitare un trattamento eccessivo nei pazienti con malattia a prognosi più favorevole (rischio standard) e migliorare l’esito clinico nei pazienti che hanno una prognosi meno favorevole (rischio non standard).

Il trattamento consiste nella somministrazione di una combinazione di chemioterapici e prevede di solito due fasi per una durata complessiva di circa 6 mesi:

induzione: l’obiettivo è ottenere la remissione completa della malattia;

consolidamento: l’obiettivo è consolidare e rendere permanente lo stato di remissione completa della malattia. A seconda della classe di rischio, questa fase può comprendere il trapianto di cellule staminali emopoietiche (v. pag. …) da donatore compatibile.

Recidiva: la malattia si ripresenta in oltre il 30% dei pazienti. Per questa ragione l’obiettivo della ricerca è di identificare lesioni genetiche alla base di questa malattia che possano diventare il ‘bersaglio’ di nuovi farmaci, quali, ad esempio la classe degli inibitori tirosin chinasici (sorafenib, quizartinib), che ha mostrato ottima efficacia nella leucemia mieloide acuta con mutazione FLT3-ITD. Inoltre, l’introduzione di nuove molecole ha lo scopo di ridurre al minimo gli effetti tossici causati dalla terapia stessa. A tal proposito, gli analoghi nucleosidici, come la clofarabina, sono risultati molto efficaci nel trattamento della recidiva, causando effetti cardiotossici minori.

Terapie innovative: la ricerca è impegnata a verificare l’efficacia dell’immunoterapia, in particolare l’impiego di anticorpi monoclonali specifici contro antigeni espressi selettivamente dalla cellula leucemica (ad esempio gemtuzumab, ozogamicin o venetoclax) o di linfociti T geneticamente modificati che indirizzano il sistema immunitario direttamente contro i linfociti T (cellule CAR-T).

Un discorso a parte merita un tipo particolare di leucemia mieloide acuta, la cosiddetta leucemia acuta promielocitica, caratterizzata dal blocco della maturazione delle cellule leucemiche allo stadio di promielociti e da una specifica alterazione cromosomica riguardante il cromosoma 15, generalmente in combinazione con il cromosoma 17. Tale forma di leucemia risponde particolarmente bene alla somministrazione di un derivato della vitamina A, l'acido trans-retinoico (spesso abbreviato come ATRA). In caso di recidiva o di mancata risposta al trattamento, la remissione completa è ancora possibile con la somministrazione di triossido di arsenico.

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