Che cosa significa ricevere un trattamento nell'ambito di uno studio clinico?

Un paziente può ricevere la proposta di partecipare a uno studio clinico direttamente dai medici del centro dove è seguito, se lo studio è attivo presso quel centro, oppure può essere specificamente indirizzato dai medici che lo hanno in cura a un altro centro dove lo studio è attivo. A tale scopo sono utili registri, come quello appositamente creato e aggiornato da AIOM, che consentono di identificare gli studi clinici attivi eventualmente utili per il paziente. Nei paesi anglosassoni, inoltre, i pazienti ricevono informazioni sulle sperimentazioni attive direttamente mediante campagne di comunicazione, anche via web o social network. In Italia questa modalità è meno diffusa, anche perché le eventuali forme di pubblicizzazione degli studi attivi devono  essere approvate dai comitati etici.

Naturalmente, chi sceglie di partecipare a uno studio clinico riceverà la terapia in un centro medico qualificato per il trattamento dei tumori. L’équipe che prenderà in carico il paziente comprenderà medici, infermieri, e anche altre figure professionali che lavorano in stretta collaborazione con i clinici, quali, ad esempio, infermieri di ricerca, study co-ordinator e statistici. Il paziente sarà sottoposto a una serie di controlli molto rigorosi, comprendenti esami e visite mediche che potrebbero essere in numero anche superiore a quello previsto per i pazienti al di fuori dello studio clinico. Al paziente sarà chiesto di seguire il piano terapeutico che i medici prescriveranno, come accade per qualunque trattamento. A volte potrà essergli chiesto di collaborare attivamente alla raccolta dei dati, ad esempio tenendo una sorta di diario (soprattutto in caso di terapie orali) oppure rispondendo a questionari che descrivono il suo stato di salute. In genere, i pazienti continuano a essere tenuti sotto controllo anche dopo la conclusione del trattamento.

Un ruolo fondamentale, in un contesto di studio clinico, è svolto dalle Associazioni di pazienti. Tali associazioni, che nel tempo hanno visto aumentare la propria formazione e competenza in ambito di metodologia della ricerca, costituiscono un punto di riferimento fondamentale per tutti i pazienti che abbiano necessità di un supporto e/o di informazioni aggiuntive rispetto al proprio percorso all’interno di uno studio.

Da qualche anno, inoltre, la comunità Europea sta richiedendo e promuovendo il coinvolgimento di tali Associazioni fin dalle fasi iniziali della ricerca, nel momento in cui il progetto prende vita. A livello italiano tale coinvolgimento dovrà essere formalizzato mediante apposite norme in materia di sperimentazioni, anche se va sottolineato che già da diversi anni pazienti esperti e/o membri di associazioni di pazienti sono membri di diritto all’interno dei comitati etici che valutano e autorizzano ciascuno studio clinico.

 

In che modo si svolge l'attività di ricerca? In che modo i pazienti sono protetti?

Ogni studio clinico prevede un protocollo che spiega le modalità di svolgimento dello studio.

Il protocollo è un documento preparato nei minimi dettagli e sottoposto ad una serie di verifiche successive da parte di molte persone, che contiene le seguenti informazioni:

  • descrive le modalità di svolgimento dello studio;
  • illustra i motivi per cui si è deciso di condurre la ricerca;
  • riporta gli obiettivi della sperimentazione e i criteri con cui saranno valutati i risultati;
  • indica le caratteristiche che devono avere i pazienti per poter essere ammessi allo studio (criteri di eleggibilità);
  • indica il numero di pazienti che saranno arruolati, ossia ammessi a partecipare allo studio;
  • elenca gli esami clinici cui i pazienti saranno sottoposti e la frequenza con cui questi saranno eseguiti;
  • descrive il piano terapeutico, i suoi eventi avversi possibili e la loro gestione;
  • descrive il profilo rischio-beneficio, ovvero i possibili vantaggi derivanti dalla partecipazione alla sperimentazione ma anche i possibili svantaggi.

Tutti i medici che partecipano allo studio devono attenersi al protocollo, anche se considerazioni cliniche relative al singolo caso possono, in qualunque momento, giustificare una deviazione dal protocollo, se necessario, fino alla sospensione del trattamento, ossia all’esclusione del paziente dallo studio.

Per garantire la sicurezza dei pazienti, il protocollo di ogni studio clinico deve essere approvato da AIFA e dal Comitato Etico del centro in cui è effettuata la sperimentazione. Il Comitato Etico deve esprimere una valutazione scientifica, metodologica ed etica. In altre parole, deve verificare l’appropriatezza scientifica della sperimentazione e valutare con molta cura ogni aspetto del protocollo, anche allo scopo di accertare che l’attività di ricerca non esponga i pazienti a rischi superiori ai possibili benefici. Il Comitato Etico è composto da clinici, ma anche da ‘laici’, che includono rappresentanti dei pazienti, esperti di etica e di diritto, religiosi, così come da farmacologi, statistici, e altre figure professionali.

Ogni studio clinico prevede rigorosi criteri di eleggibilità.

I criteri di eleggibilità enunciano le caratteristiche che devono avere i pazienti per poter essere ammessi allo studio. I criteri di eleggibilità sono descritti nel protocollo e variano in funzione della finalità dello studio. Normalmente comprendono età, sesso, tipo e stadio della malattia, le sue caratteristiche biologiche, trattamenti precedenti consentiti, altre malattie concomitanti ammesse o che rappresentino un criterio di esclusione.

L’applicazione dei criteri di eleggibilità è un principio importante per la ricerca medica, che contribuisce a garantire l’affidabilità dei risultati. I criteri di eleggibilità assicurano, fra l’altro, la sicurezza dei pazienti, in modo da non esporre a rischio individui su cui i trattamenti oggetto dello studio potrebbero avere effetti negativi (ad esempio, un nuovo trattamento può dare buoni risultati per un certo tipo di tumore, ma non per un altro, oppure può essere a rischio eccessivo di tossicità in caso di condizioni cliniche troppo precarie o presenza di altre patologie concomitanti, ecc.).

 

Gli studi clinici su nuove terapie farmacologiche prevedono tre diverse fasi

Gli studi di fase 1 rappresentano il primo passo nella sperimentazione del nuovo farmaco nell’uomo. In questi studi, i ricercatori lavorano per individuare il profilo di sicurezza e la migliore modalità di somministrazione del nuovo farmaco. In particolare, si studia la dose più appropriata, in rapporto alla tossicità. In questa fase s’iniziano a studiare anche gli effetti collaterali. Dato che nella fase I si sa poco sui potenziali rischi e benefici, il numero di pazienti ammessi a questi studi è di solito limitato e i criteri di eleggibilità sono particolarmente rigorosi.

Gli studi di fase 2 puntano a stabilire se il nuovo farmaco è attivo sul tumore (ad esempio se ne riduce le dimensioni). Nello stesso tempo si continuano a studiare gli effetti collaterali. Vi sono vari tipi di studi di fase 2, anche molto diversi: si va da sperimentazioni su farmaci appena usciti dalla fase 1, di cui si sa ancora relativamente poco e si continua a studiare la sicurezza, a studi su farmaci ben conosciuti, di cui si vuole soprattutto valutare l’attività in una specifica neoplasia o in uno specifico gruppo di pazienti.

Gli studi di fase 3 puntano a verificare l’efficacia del nuovo farmaco. Infatti, l’attività sul tumore, valutata in fase 2, non garantisce che il farmaco sia anche efficace, ossia effettivamente utile al paziente, in termini di cura, sopravvivenza e/o qualità della vita. In generale, gli studi di fase 3 mettono a confronto due (o più) trattamenti, l’uno sperimentale e l’altro convenzionale, che sono somministrati ciascuno a un gruppo di pazienti. Alla fine di un followup (periodo di osservazione) adeguato, il confronto tra i pazienti che hanno ricevuto il nuovo farmaco e quelli che hanno ricevuto il farmaco convenzionale consente di verificare oggettivamente l’efficacia del nuovo trattamento, esprimendola in termini di prolungamento della sopravvivenza dei pazienti e miglioramento della loro qualità della vita.

Nella maggior parte dei casi, i nuovi farmaci passano alla fase 3 soltanto dopo che nelle fasi 1 e 2 siano state documentate la dose e la modalità di somministrazione più appropriate, la tossicità e l’attività antitumorale. Agli studi di fase 3 possono partecipare anche centinaia o perfino migliaia di pazienti, che sono arruolati da vari centri a livello nazionale o internazionale.

Negli studi di fase 3 i pazienti sono assegnati al gruppo che riceverà il nuovo farmaco o a quello che, invece, riceverà il trattamento convenzionale secondo il metodo della randomizzazione. Questo metodo consente di distribuire in maniera casuale i pazienti tra il braccio sperimentale e il braccio di controllo, che riceverà il trattamento convenzionale. Gli studi che seguono questo metodo di distribuzione dei pazienti si definiscono randomizzati. La randomizzazione ha lo scopo di evitare che i risultati dello studio siano condizionati da scelte operate dall’uomo o da altri fattori interferenti. Solo evitando una selezione programmata dei pazienti si potrà essere sicuri di confrontare gruppi di pazienti in cui l’unica variabile sia costituita dal diverso trattamento. In alcuni studi clinici randomizzati, ai pazienti, e in alcuni casi anche ai medici, non si rivela se il farmaco somministrato è convenzionale o in sperimentazione. Ciò avviene soprattutto quando gli effetti del trattamento potrebbero comportare un notevole grado di soggettività e la conoscenza del trattamento da parte dei pazienti e/o dei medici potrebbe influire sulla loro valutazione. Si parla in tali casi di studi ‘in singolo cieco’ se è solo il paziente a non sapere se riceve il farmaco convenzionale o il nuovo farmaco, e di studi ‘in doppio cieco’ se nemmeno il medico lo sa.

Gli studi di fase 4, o post-registrativi, consistono in sperimentazioni che vengono condotte dopo l’autorizzazione all’immissione in commercio del trattamento, al fine di ottenere informazioni aggiuntive su: rischi, benefici e sull’impiego ottimale del trattamento terapeutico. Gli studi di fase 4 rappresentano una parte preziosa dell’acquisizione di conoscenze sui trattamenti, ad esempio per caratterizzare meglio il profilo di tollerabilità, anche a lungo termine, in una popolazione meno selezionata rispetto a quella inserita negli studi registrativi, oppure per descrivere l’impiego del trattamento in categorie di pazienti poco rappresentate nelle fasi precedenti.


Perché gli studi clinici di fase 3 mettono a confronto due gruppi di pazienti?

Il confronto fra gruppi di pazienti aventi caratteristiche simili che ricevono trattamenti diversi per lo stesso tipo di tumore consente di valutare qual è il farmaco più efficace o induce un minor numero di effetti collaterali, ed è fondamentale per assicurare risultati attendibili dovuti solo al trattamento e non ad altri fattori. Tuttavia, sono sempre possibili alcune differenze casuali, ed è per tale motivo che i risultati sono poi valutati con strumenti statistici allo scopo di rendere sufficientemente sicura l’attribuzione di eventuali vantaggi al nuovo trattamento.

Solo nei casi in cui non sia disponibile un trattamento convenzionale, il nuovo farmaco è messo a confronto con un placebo. In tal caso, il paziente sarà informato della possibilità di ricevere un placebo prima di decidere se accettare di prendere parte allo studio. In oncologia questi studi non sono frequenti, anche se sono più diffusi rispetto a qualche anno fa specialmente con i nuovi farmaci molecolari mirati.

 

Consultare il personale curante per ogni tipo di informazione

I medici, gli infermieri e agli altri operatori partecipanti allo studio sono sempre a disposizione dei pazienti per rispondere a tutte le domande sullo studio, sulle modalità di partecipazione e sui trattamenti previsti. Questo libretto può essere di utilità anche come riferimento per ulteriori informazioni. Può essere gratificante sapere che, partecipando allo studio, i pazienti aiutano anche altri pazienti futuri ad avere un trattamento migliore. I pazienti possono chiedere di essere informati dei risultati dello studio.

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