Cos'è?

La diagnosi

Gli stadi della malattia

Come si cura

Trattamento in base allo stadio

La vita dopo la malattia


 

Cos'è?

Il cancro dell’ovaio è un tumore che origina dal tessuto dell’ovaio. Le ovaie sono due piccoli organi a forma di mandorla che fanno parte del sistema riproduttivo femminile. Sono posizionate nella pelvi, la parte bassa dell’addome, e sono a stretto contatto con altri organi (ureteri, retto, peritoneo, omento e utero). Oltre alla funzione riproduttiva, le ovaie svolgono una funzione endocrina poiché producono gli ormoni sessuali femminili: estrogeni e progesterone.

In funzione delle cellule da cui hanno origine, i tumori dell’ovaio possono essere:

  • epiteliali: hanno origine dalle cellule che costituiscono l’epitelio, lo strato che riveste la superficie dell’ovaio. Sono i più frequenti;
  • germinali: hanno origine dalle cellule germinali che producono gli ovuli; si riscontrano per lo più nelle pazienti giovani; hanno una prognosi più favorevole perché rispondono molto bene alla chemioterapia;
  • stromali: hanno origine dalle cellule dello stroma gonadico; sono caratterizzati da una bassa malignità..

In Italia si diagnosticano ogni anno poco meno di 5000 casi di cancro dell’ovaio, la maggior parte dei quali in fase già avanzata. Di conseguenza, la percentuale di mortalità è ancora elevata, al punto da farne la quarta causa di morte nelle donne.
Ciononostante, le cause che provocano l’insorgenza di questa malattia non sono ancora ben note. Il rischio di ammalarsi è molto basso nelle donne giovani, mentre aumenta con l’età, considerato che in 8 casi su 10 si riscontra in pazienti di età superiore a 50 anni.
Alcuni fattori possono influire sul rischio di sviluppare un cancro dell’ovaio, aumentando o diminuendo la possibilità di ammalarsi.

Il rischio di sviluppare la malattia sembra ridursi in presenza dei seguenti fattori che esercitano, quindi, un ruolo protettivo:

  • avere avuto più di un figlio;
  • avere allattato al seno;
  • l’uso di contraccettivi orali (pillola estroprogestinica).

Il rischio sembra, invece, aumentare in presenza dei seguenti fattori:

  • non avere avuto figli;
  • la comparsa anticipata della prima mestruazione o ritardata della menopausa.

Alcuni fattori legati allo stile di vita possono contribuire ad accrescere il rischio di sviluppare la malattia; tra questi:

  • essere in sovrappeso;
  • seguire un’alimentazione ricca di grassi animali e povera di frutta e verdura fresche può contribuire ad accrescere il rischio.

Alcuni studi hanno dimostrato che l’infertilità potrebbe essere associata a un rischio moderatamente più elevato di sviluppare un cancro dell’ovaio. Anche le cisti ovariche endometriosiche possono rappresentare un rischio, perché alcuni studi hanno dimostrato che al loro interno possono svilupparsi cellule tumorali.

Da ricordare, poi, che in 5-10 casi su 100, il cancro dell’ovaio è causato da un’alterazione genetica ereditaria della famiglia, in particolare la mutazioni dei geni BRCA1 e 2, associata anche al tumore della mammella.

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La diagnosi

Alcune donne portatrici da carcinoma ovarico in stadio iniziale possono accusare sintomi quali disturbi gastrointestinali, stitichezza, sensazione di pressione a livello pelvico, dolore, gonfiore addominale e mancanza di respiro. Nella maggior parte dei casi, non ci sono però sintomi oppure questi sono molto lievi. Quando i sintomi diventano evidenti, il tumore è ormai in fase avanzata.

Se diagnosticato precocemente, il carcinoma ovarico può essere curato in molti casi. La diagnosi si formula sulla base di esami che consentano di visualizzare la regione pelvica e le ovaie, nonché su analisi del sangue e biopsia. Questi includono:

  • esplorazione pelvica: esplorazione della vagina, della cervice, dell’utero, delle salpingi (o tube), delle ovaie e del retto;

  • ecografia: tecnica che sfrutta le rifrazioni degli ultrasuoni per visualizzare le strutture interne dell’organismo; contestualmente all’ecografia si può eseguire una flussimetria, che consente di studiare la vascolarizzazione della regione;

  • dosaggio con prelievo ematico del CA 125: sostanza rilasciata dalle cellule nella circolazione sanguigna, i cui livelli potrebbero aumentare in presenza di tumore o di altre patologie;
  • clisma con bario: il bario, un liquido metallico di colore grigio argento, si usa come mezzo di contrasto per ottenere una migliore visualizzazione radiografica dell’apparato gastro-digerente;

  • tomografia assiale computerizzata (TAC): particolare tecnica radiografica che si serve di un computer per visualizzare gli organi interni del corpo, in particolare il torace, l’addome e la pelvi.

  • citologia su liquido ascitico o pleurico: nel caso in cui nella cavità addominale o nel torace si sia formata una raccolta di liquido, il medico ne può prelevare un campione per accertare l’eventuale presenza di cellule tumorali;

  • laparoscopia: intervento chirurgico che consente al medico la visione diretta degli organi interni dell’addome attraverso piccoli fori di accesso addominali;

  • laparotomia: apertura dell’addome attraverso diversi tipi di incisione per permettere l’esplorazione chirurgica di tutto l’addome.

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Gli stadi della malattia

Una volta confermata la presenza del tumore, è necessario eseguire ulteriori accertamenti per verificare se le cellule tumorali si sono diffuse ad altre parti dell’organismo. Questo processo, che si definisce stadiazione, è fondamentale per la scelta del trattamento più indicato. Nel carcinoma ovarico, la stadiazione è chirurgica-intensiva, vale a dire che al momento dell’intervento il chirurgo stabilisce l’esatta stadiazione asportando tutte le lesioni sospette, ma esegue anche delle biopsie addominali in punti non apparentemente sospetti. Il chirurgo dovrebbe fare sempre il possibile per eradicare tutta la malattia (se necessario anche con resezioni a carico dell’intestino, del diaframma e del fegato), perché il tumore residuo dopo la chirurgia è un fattore prognostico molto importante per il successo della terapia e per la risposta alla chemioterapia.

Il cancro dell’ovaio si classifica secondo i seguenti stadi:

- stadio I: il tumore è limitato alle ovaie o a una tuba di Falloppio;

- stadio II: il tumore interessa una o entrambe le ovaie e si è diffuso nella pelvi;

- stadio III: il tumore interessa una o entrambe le ovaie con impianti peritoneali extrapelvici e/o metastasi ai linfonodi regionali retroperitoneali;

- stadio IV: sono presenti metastasi a distanza;

Se il tumore si ripresenta dopo il trattamento si parla di recidiva. La recidiva può svilupparsi nella stessa sede del tumore primitivo oppure in un altro organo.

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Come si cura

Le opzioni terapeutiche attualmente disponibili per il trattamento del cancro dell’ovaio sono:

  • chirurgia;
  • radioterapia;
  • chemioterapia.

Le probabilità di guarigione e la scelta del trattamento dipendono dai seguenti fattori:

  • lo stadio del tumore;
  • il tipo e la dimensione del tumore;
  • l’età e le condizioni generali di salute della paziente;
  • l’epoca di diagnosi del tumore (se sia stato appena diagnosticato o sia recidivato).

Chirurgia

La chirurgia è il trattamento di prima scelta per il tumore dell’ovaio ed è fondamentale sia nei casi apparentemente iniziali per definire la reale diffusione del tumore, sia nei casi avanzati per eliminare tutte le masse tumorali visibili. Se la malattia è in fase molto iniziale, l’intervento chirurgico può essere risolutivo. Quando il tumore è limitato a uno e entrambe le ovaie, l’intervento mira ad asportare la massa tumorale e a eseguire delle biopsie per stabilire la reale diffusione della malattia.

Le opzioni terapeutiche standard variano in funzione del tipo di tumore.

Per i tumori epiteliali dell’ovaio esse sono:

- isterectomia totale: consiste nell'asportazione dell’utero e della cervice. Se il chirurgo esegue una lunga incisione nell’addome, si parla di isterectomia addominale. Se l’incisione addominale è piccola e l’intervento si esegue introducendo attraverso questa breccia uno strumento che prende il nome di laparoscopio, si parla di isterectomia laparoscopica.

- annessiectomia unilaterale: è l’intervento di asportazione di un ovaio e di una salpinge (o tuba di Falloppio).

- annessiectomia bilaterale: è l’intervento di asportazione di entrambe le ovaie e tube di Falloppio.

- omentectomia: consiste nell’asportazione dell’omento (una parte del tessuto che riveste la cavità addominale);

- dissezione linfonodale: procedura per mezzo della quale i linfonodi sono isolati e rimossi e quindi analizzati dall’anatomo-patologo al microscopio al fine di accertare l’eventuale presenza di cellule atipiche.

Per i tumori ovarici a cellule germinali gli interventi chirurgici standard sono:

- annessiectomia unilaterale

- annessiectomia bilaterale

- tumorectomia: consiste nell’asportazione più ampia possibile della massa tumorale. Alcuni tumori potrebbero non essere totalmente asportabili.

Nei casi in cui la malattia è troppo avanzata e il chirurgo  non può asportare tutte le lesioni in prima istanza,  può decidere di eseguire dei cicli di chemioterapia (cosiddetta chemioterapia neoadiuvante) per ridurre la massa tumorale e rimandare la chirurgia radicale in seconda istanza.

Chemioterapia

La chemioterapia è la modalità terapeutica che distrugge le cellule tumorali attraverso la somministrazione di farmaci, che possono essere assunti per bocca in forma di compresse, oppure iniettati per via endovenosa o intramuscolare. La chemioterapia si definisce trattamento sistemico, perché il farmaco entra nella circolazione sanguigna, si diffonde nell’organismo e in questo modo può raggiungere e distruggere le cellule tumorali che si sono diffuse anche a distanza. Per il carcinoma dell’ovaio, la chemioterapia è l’indispensabile completamento terapeutico dopo l’intervento. In alcuni casi può essere seguita da un’immunoterapia antiangiogenetica di mantenimento.

Per saperne di più: vedi La Chemioterapia

 

Radioterapia

La radioterapia consiste nell’applicazione di radiazioni ad alta frequenza per distruggere le cellule neoplastiche e ridurre le dimensioni del tumore. Le radiazioni possono essere erogate da una macchina esterna all’organismo (radioterapia esterna) oppure la sostanza radioattiva (radioisotopo) può essere immessa direttamente nella lesione per mezzo di tubicini di plastica (radioterapia interna o intracavitaria). Nel trattamento del carcinoma ovarico, la radioterapia è indicata solo in casi altamente selezionati di recidiva.

Per saperne di più: vedi La Radioterapia

 

Sono attualmente in corso alcuni studi clinici miranti a valutare l’efficacia di altre modalità terapeutiche, tra le quali:

- chemioterapia in dosi elevate con trapianto di midollo osseo: la chemioterapia può ridurre la produzione di cellule ematiche da parte del midollo osseo. Si sta verificando l’efficacia del trapianto di midollo osseo al fine di potenziare le possibilità di recupero del sangue, in modo che sia possibile attuare la chemioterapia in dosi più alte di quelle standard;

- nuove opzioni terapeutiche: riguardano la chemioterapia di combinazione, con somministrazione di più di un preparato antitumorale.

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Trattamento in base allo stadio

Stadio I

Le opzioni terapeutiche saranno le seguenti:

- istero-annessiectomia (v. s.) e omentectomia (v. s.), con dissezione dei linfonodi pelvici e addominali (v. s.);

- isterectomia (v. s.), annessiectomia unilaterale (v. s.) e omentectomia (v. s.), con dissezione dei linfonodi pelvici e addominali (v. s.);

- radioterapia interna o esterna (v. s.);

- chemioterapia (v. s.);

- nessun trattamento con rigorosa sorveglianza;

- partecipazione a uno studio clinico.

Stadio II

Il trattamento potrà consistere in:

- chirurgia per asportare il tumore, istero-annessiectomia (v. s.) e omentectomia (v. s.), con dissezione dei linfonodi pelvici e addominali (v. s.).

Dopo l’intervento si potranno attuare i seguenti trattamenti:

- chemioterapia di combinazione e radioterapia interna o esterna (v. s.); oppure

- chemioterapia di combinazione soltanto; oppure

- partecipazione a uno studio clinico.

Stadio III

Il trattamento potrà consistere in:

- chirurgia per asportare il tumore, istero-annessiectomia (v. s.) e omentectomia (v. s.).

Dopo l’intervento si potranno attuare i seguenti trattamenti:

- chemioterapia di combinazione; oppure

- chemioterapia di combinazione con laparotomia di seconda istanza (o second look chirurgico), una procedura simile all’intervento eseguito in prima istanza, tramite la quale il chirurgo potrà prelevare dei campioni di linfonodi o altri tessuti addominali per accertare la presenza di eventuali cellule tumorali residue); oppure

- partecipazione a uno studio clinico.

Stadio IV

Il trattamento consisterà in una chemioterapia di combinazione con o senza chirurgia mirante a ridurre le dimensioni del tumore.

Carcinoma epiteliale dell’ovario recidivante

Le opzioni terapeutiche saranno le seguenti:

- chemioterapia (v. s.) con o senza chirurgia;

- partecipazione a uno studio clinico mirante a valutare l’efficacia della chemioterapia o della terapia biologica (v. s.).

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La vita dopo la malattia

La vita sessuale: Le donne che hanno subito un’isterectomia sono spesso molto preoccupate per le ripercussioni dell’intervento sulla vita sessuale. Nella maggior parte dei casi, l’intervento chirurgico non compromette le vie nervose periferiche da cui nascono e attraverso cui si sviluppano le sensazioni del piacere sessuale. Tuttavia, poiché è importante consentire alla ferita di cicatrizzare nel miglior modo possibile, i medici solitamente consigliano di aspettare almeno otto-dodici settimane prima di riprendere l’attività sessuale.

Menopausa precoce: Nelle donne giovani, che sono ancora in età fertile, l’asportazione delle ovaie causa la menopausa precoce con gli effetti che questa comporta (vampate di calore, secchezza della cute, secchezza della vagina, insonnia, irritabilità, tachicardia, dolore durante il rapporto, calo del desiderio e osteoporosi). Nella maggior parte dei casi, questi disturbi possono essere controllati utilizzando terapie ormonali a basso dosaggio (che sono di solito sconsigliate nei casi a più alto rischio di recidiva e sottoposti a chemioterapia), gel lubrificanti da utilizzare prima dei rapporti sessuali o terapie mirate a rinforzare le ossa.

La fertilità: Dopo l’isterectomia un senso di perdita accompagna soprattutto le donne che sono ancora in età fertile e che, in conseguenza di un intervento necessario per la salute, non potranno più avere figli. Tutte le pazienti, a prescindere dall’età, potrebbero sentirsi colpite nella loro identità femminile. Si tratta di stati d’animo comuni a molte donne nel periodo post-operatorio. Potrebbe essere utile condividere le proprie ansie e paure con il partner oppure parlare anche con uno psicologo.

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Aimac è grata a Prof. G. Scambia (direttore) e alla Dott. R. De Vincenzo (Polo della Salute della Donna e del Bambino - Fondazione Policlinico Universitario  A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma) per la revisione critica del testo.

Ultima revisione: settembre 2016

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