La nuova promessa contro il tumore cerebrale più diffuso, che colpisce ogni anno 7mila italiani, soprattutto bambini, arriva da uno studio condotto sui topi dalla Fondazione IRCCS Istituto neurologico Carlo Besta di Milano in collaborazione con l’Università degli Studi di Brescia. Coordinatore della ricerca, pubblicata su ‘Cancer Research’, è Gaetano Finocchiaro, direttore della Struttura di Neuro-oncologia Sperimentale del centro di via Celoria. “I risultati ottenuti dal nostro team sono ben più di una semplice speranza”, ha commentato il direttore scientifico della Fondazione, Ferdinando Cornelio, convinto che il lavoro svolto da Finocchiaro e colleghi potrà aprire in futuro “una nuova applicazione terapeutica sui malati”. Mentre per la terapia di altri tumori sono stati fatti passi avanti in alcuni casi decisivi, la sopravvivenza dopo diagnosi di glioblastoma è rimasta bassa. Negli ultimi tre anni diversi laboratori hanno pubblicato i risultati di esperimenti che indicano come i glioblastomi e altri tipi di cancro (tra cui i tumori del sangue e del seno) possano derivare da alterazioni genetiche di cellule staminali o simil-staminali: una sorta di ‘serbatorio’ del tumore, che permette al cancro di continuare a crescere. Ed è proprio verso queste ‘riserve’ che agisce la nuova arma messa a punto dal Besta. La terapia consiste in particolari cellule del sistema immunitario (cellule dendritiche) prelevate dall’organismo malato. ‘Addestrate’ ad hoc, proprio come un vaccino queste cellule dendritiche scatenano una reazione contro le simil-staminali del tumore. Attaccandole in modo mirato e combattendo il cancro all’origine. Gli studiosi hanno utilizzato come modello sperimentale un glioblastoma di topo letale in un mese. Le cellule simil-staminali di questo tumore possono crescere come le cellule staminali del cervello, formando delle piccole sfere dette neurosfere. Le cellule dendritiche derivate dai topi e messe in contatto con le neurosfere di glioblastoma si attivano, e una volta re-iniettate nei roditori stimolano una risposta immunitaria molto più potente di quella ottenuta contro le cellule non-staminali: il 60% degli animali ‘vaccinati’ contro le neurosfere è guarito, mentre gli animali ‘vaccinati’ contro le altre cellule tumorali no. Il prossimo passo sarà cercare di capire quanto le neurosfere da tumori umani assomiglino a quelle di topo: se sarà così, l’immunoterapia con cellule dendritiche attivate contro le neurosfere di glioblastoma potrà essere testata sull’uomo così da valutarne l’impatto contro questo cancro killer. “Questi risultati confermano la validità della ricerca traslazionale dal banco di laboratorio al letto del malato, che è la peculiarità di istituti come il nostro”, ha aggiunto Cornelio. “Lo stretto rapporto tra ricerca e cura va difeso e sostenuto – ha spiegato Alessandro Moneta, presidente della Fondazione IRCCS Istituto neurologico Carlo Besta - soprattutto nell’interesse dei malati che, come nel caso del glioblastoma, sono spesso bambini che hanno ancor più diritto a sperare in un futuro. L’attività di ricerca, tuttavia, non può basarsi principalmente sul senso di responsabilità dei ricercatori, ma deve essere tenuta in maggiore considerazione e sostenuta sia dalle autorità di governo sia dai privati cittadini”. La Fondazione Besta, hanno concluso Moneta e il direttore generale Giuseppe De Leo, “è attualmente impegnata in numerosi e importanti progetti di ricerca finanziati da UE, Ministero della Salute, Regione Lombardia e iniziative private. Attività quasi sempre inserite in prestigiosi network di ricerca internazionali, che richiederebbero ben altre risorse di quelle di cui disponiamo e che procedono spesso solo grazie allo spirito di sacrificio dei nostri ricercatori, ai quali va un incondizionato apprezzamento

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