La legge 193/2023 detta i termini per cui insistere sul passato oncologico del paziente non è più né ragionevole né equo. Ecco cosa è già stato definito, cosa ancora manca e quali diritti ha chi non è ancora guarito

 

di Vera Martinella (Corriere Salute - Sportello Cancro)

 

Prendete gli abitanti di Roma e Milano insieme, le due città più popolate in Italia hanno poco più di 4 milioni di abitanti. Tanti sono i connazionali vivi dopo una diagnosi di cancro e oltre un milione fra loro può considerarsi del tutto guarito perché è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale, ovvero di chi un tumore non l'ha mai avuto.
Un successo, frutto dei progressi della medicina, che ha posto la società di fronte alla necessità di garantire la tutte queste persone una piena reintegrazione. Così si è arrivati all’approvazione della legge sull’oblio oncologico (numero 193 del dicembre 2023) che rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei diritti dei pazienti guariti, consentendo loro di non subire discriminazioni in ambiti cruciali come il lavoro, l’accesso al credito e alle assicurazioni.
A che punto siamo, però, con l'attuazione della legge? Chi può oggi considerarsi guarito e in quali tempi? E quali diritti ha chi non è ancora guarito? Lo abbiamo chiesto agli esperti che hanno firmato il capitolo dedicato a questo tema nel Rapporto 2025 a cura della Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo).

«Questa normativa si configura come uno strumento di equità sociale, basato sul riconoscimento che, trascorso un determinato periodo dalla guarigione, il rischio di recidiva si riduce al punto da non giustificare più discriminazioni rispetto alla popolazione generale - sottolinea Elisabetta Iannelli, segretario generale Favo -. Superato questo periodo, insistere sul passato oncologico del paziente non è più né ragionevole né equo».

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