Anche in Italia serve una legislazione ad hoc per migliorare l'assistenza medica e le condizioni sui luoghi di lavoro

Di Elisabetta Iannelli - Consulente legale Aimac, Associazione Italiana Malati Cancro


"La diagnosi di cancro o, meglio, la comunicazione di essere affetto da tumore è una notizia che ha un effetto devastante nella mente dell'uomo. Il malato e i suoi familiari vengono colpiti con violenza dalle parole del medico come per effetto di una esplosione. Nulla è più come prima: la quotidianità, i programmi, i progetti, le speranze, i rapporti umani, il lavoro, la vita, la morte, il dolore. Questi sono i primi pensieri che si accavallano disordinatamente. Poi però l'istinto di sopravvivenza prevale e si è pronti a combattere.
Il malato lotta contro il cancro e vuole farlo in prima persona, quale protagonista principale del dramma che sta vivendo.

La dichiarazione di Oslo. Lo scorso 29 giugno a Oslo, nell'ambito del convegno dell'European Cancer Leagues (ECL), 39 associazioni di 27 Paesi (per l'Italia, l'Aimac, Associazione italiana malati di cancro, e la Lega nazionale per la lotta ai tumori) hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta per la promozione e la tutela dei diritti dei malati di cancro. Dichiarazione che viene, ora, presentata in Italia in occasione della settimana europea contro il cancro (7-13 ottobre) che quest'anno ha per oggetto proprio i diritti del malato. La dichiarazione punta a sollecitare i legislatori nazionali affinché definiscano e incorporino i diritti dei malati in una legislazione specifica, che riguardi tutti gli aspetti di tali diritti e non trattino altre questioni. La legislazione dovrà specificare diritti, requisiti, responsabilità e doveri per pazienti, operatori sanitari e centri di cura. I diritti dei pazienti dovranno comprendere i particolari diritti dei malati di cancro - nei cui confronti viene formulata una diagnosi di malattia e relativa prognosi, i quali ricevono conseguentemente dei trattamenti e assistenza - con riferimento ai loro rapporti con gli operatori sanitari e i centri di cura, come anche, più in generale, i diritti dell'uomo applicati al particolare contesto medico. È, comunque, opportuno che ogni legislatore, implementi le disposizioni attualmente esistenti, indipendentemente dalla forma (carta, atto, legge, ecc.), e approvi la legge o i suoi emendamenti.

In particolare, date le particolari caratteristiche del cancro, che incide profondamente sulla qualità di vita del paziente, con effetti notevoli sulle relazioni sociali durante e dopo il trattamento, è auspicabile l'adozione di ulteriori garanzie e servizi che forniscano ai pazienti, per esempio, le migliori opportunità mediche, ivi inclusi trattamenti e studi clinici, il miglior supporto psicosociale, soluzioni adeguate per risolvere problemi di ordine economico, finanziario e sociale connessi con la malattia. Su proposta dell'Aimac l'assemblea europea ha inserito nella dichiarazione congiunta un articolo dedicato specificatamente al diritto al sostegno sociale e alla tutela sul lavoro.

Le emergenze da risolvere. La vita dei malati di cancro è spesso connessa, durante e dopo il trattamento, a preoccupazioni di natura finanziaria ed economica. Si deve, spesso, far fronte a difficoltà quotidiane per procurarsi interventi di sostegno economico e adeguati servizi sociali. I rapporti con le banche e le compagnie di assicurazione sono solo un esempio di quanto la situazione possa diventare complessa. Al malato che voglia assicurarsi per il rischio di malattie diverse dal cancro, è spesso negata la possibilità di sottoscrivere una polizza assicurativa a causa della pregressa patologia neoplastica. Anche i rapporti con il datore di lavoro risentono della difficile situazione in cui si trova il malato di cancro: sia durante la fase acuta della malattia, quando le cure comportano lunghe e ripetute assenze dal lavoro, sia dopo il trattamento, quando si pone il problema della riabilitazione e della ripresa dell'attività lavorativa. La normativa vigente - in particolare la legge 509/1988 e la legge 104/1992 - riconoscono la possibilità al malato, riconosciuto invalido e con un "handicap in situazione di gravità", di assentarsi dal lavoro per curarsi.

L'andamento altalenante della patologia che alterna fasi acute a periodi in cui la persona è - apparentemente - in perfetta salute, richiederebbe una disciplina normativa del tutto peculiare. È fondamentale che il legislatore definisca e incorpori i diritti dei malati in una legislazione specifica, che riguardi tutti gli aspetti di tali diritti e non tratti altre questioni. Sarebbe auspicabile, quindi, una legislazione pensata per questa particolare patologia come fu negli anni settanta la legge per le persone affette da tubercolosi.

Attualmente alcune disposizioni normative a tutela dei malati neoplastici sono contenute in alcuni contratti collettivi, principalmente nel settore del pubblico impiego, ove è previsto che, in caso di patologie gravi che richiedano terapie salvavita come la chemioterapia, i giorni di ricovero ospedaliero o in day hospital e i giorni di assenza dovuti alle cure vengano esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia e vengano retribuiti interamente. Non si può accettare che ci sia una discriminazione tra lavoratori affetti dalla stessa grave malattia; la tutela, pertanto, dovrebbe essere estesa a tutti i dipendenti pubblici e privati e ciò è possibile solo con l'adozione di una norma di rango legislativo. Un'azione mirante alla tutela del posto di lavoro può essere efficacemente realizzata anche nella fase del reinserimento lavorativo. Troppo spesso, infatti, il malato di cancro dopo una lunga assenza viene considerato inefficiente, poco produttivo, inutile e, conseguentemente, viene discriminato. Al lavoratore non vengono assegnati compiti che richiedano un particolare impegno o che comportino rilevanti responsabilità. È importante, invece, che la persona, superata la fase acuta della malattia, venga utilmente reinserita perché non si consideri già morta quando ancora può dare molto alla società. L'essere allontanati dal lavoro, dalla vita attiva, dalla realtà sociale in tutte le sue manifestazioni comporta una grave crisi depressiva. È necessario ribaltare la concezione assistenzialistica che sembra aver raggiunto lo scopo con la concessione dell'obolo previdenziale, che certo non consente di sopravvivere. Il malato di cancro vuole essere parte attiva del contesto sociale, e il favorire questa naturale attitudine equivarrebbe anche ad un notevole risparmio di denaro pubblico, poiché il malato lungi dall'essere un peso per la società potrebbe e può svolgere un ruolo attivo ritornando a essere, anche economicamente, produttivo. È, comunque, opportuno che vengano integrate le disposizioni attualmente vigenti a tutela delle più diverse situazioni di disabilità e invalidità e che i diretti interessati siano messi in condizione di usufruirne attraverso una adeguata informazione, in difetto della quale l'intento solidaristico e assistenziale enunciato risulta sostanzialmente vanificato.

La sete di informazione. Si è detto che i diritti riconosciuti e garantiti dallo Stato italiano ai malati di cancro non sempre trovano un adeguata tutela nel vigente ordinamento; e anche quando la legge esiste, spesso la disinformazione imperante impedisce di fatto l'esercizio dei diritti. Una solidarietà sociale che sia concreta ed efficace può realizzarsi solo in presenza di una corretta informazione che renda effettiva la tutela giuridica riconosciuta e garantita dalle disposizioni normative e regolamentari esistenti. La molteplicità delle fonti che si sono stratificate negli anni e il loro scarso coordinamento costituiscono il principale ostacolo alla reale fruibilità dei servizi socio-assistenziali da parte dei diretti interessati. E' per questo che l'Aimac - come altre operanti su questo fronte - ha scelto di impegnare le proprie risorse allo scopo di fornire ai malati una corretta informazione. Facendosi, così, portavoce dei bisogni maggiormente sentiti dopo la diagnosi, durante le terapie e successivamente, quando, passata la fase acuta, la malattia diventa cronica. Esigenze vitali che possono essere sintetizzate nella richiesta, che non può rimanere inascoltata, del diritto ad avere una migliore qualità di vita in ogni istante."


Fonte: Il Sole 24 Ore Sanità, 8-14 ottobre 2002, p. 26

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