Ho 55 anni, vivo in provincia di Roma, ma sono originaria della Romagna.

Sono sposata e ho un figlio di 22 anni.

Sono venuta a Roma per motivi di studio e per amore sono rimasta.

A settembre 2023 ho pubblicato il mio primo romanzo, tratto da una mia esperienza vissuta, una malattia, non mia ma del mio compagno di allora, quando avevamo solo 27 anni.

Nel mio libro racconto il mio vissuto, il nostro vissuto, il cancro...che purtroppo si è portato via l'amore della mia vita, ad appena 30 anni, dopo 2 lunghi anni di lotta.

Ho vissuto accanto ad un uomo, un ragazzo, mesi, giorni, ore, minuti durissimi, cercando di restare lucida, presente, ottimista, positiva. 

Lui non c'è più, la malattia se lo è portato via, ma ha lasciato questa vita con il sorriso e la consapevolezza di aver vissuto al meglio quello che gli era dato da vivere. 

Sono trascorsi 30 anni da allora, è stata un'esperienza unica, che mi ha segnato, ma solo in positivo, insegnandomi ad affrontare a testa alta qualsiasi difficoltà, dolore, delusione... con il sorriso... sempre.

Poche righe del mio romanzo, credo che possano sintetizzare il mio vissuto, quello che restava di me...:

Roma, Settembre

Avrebbe compiuto trentun anni quel giorno.

Un lungo viaggio in auto con la mia famiglia mi riportò infine a casa, a Roma. 

Percorremmo a ritroso la strada fatta insieme alcuni mesi prima, mentre le lacrime mi rigavano il volto.

I paesaggi che avevo visto abbracciata ad Alfonso, ora sembravano diversi, tristi. Molte emozioni si erano mosse e ancora spingevano per uscire.

L’abbraccio dei suoi genitori alla mia partenza mi era penetrato fino alle ossa.

Un dolore indefinibile e sordo, portato con dignità e con la semplicità che li contraddistingue.

Piansi tanto tra le braccia di sua madre; mi ero sentita inadeguata a sostenere il suo dolore di madre, più innaturale e brutale del mio.

Mi disse: «Ora devi prendere il posto di Alfonso», come se io potessi occupare il suo ruolo, nella loro famiglia. 

Quella sera, non so se per la stanchezza del viaggio o per la tristezza, crollai e dormii profondamente.

Temevo l’attimo in cui sarei rientrata nella nostra casa, quando i miei occhi si sarebbero posati su ogni cosa che parlava di lui.

La mattina dopo piansi, poi mi preparai il caffè. 

Nulla di ciò che avevo passato negli ultimi mesi era assordante quanto il silenzio in quella casa, la nostra casa.

Un vuoto incolmabile.

La percezione del tempo ha un ordine tutto suo quando si attraversano eventi che stravolgono la vita; le giornate vengono vissute tanto intensamente da sembrare mesi o addirittura anni.

Forse per questo mi ritrovai invecchiata.

Il peso della vita mi aveva scaraventato addosso tonnellate di fatica.

Ho letto da qualche parte che le persone forti sono le più stanche; ne faccio esperienza.

In pochi mesi imparai a prendere decisioni da sola, a darmi coraggio anche quando avrei voluto solo scomparire, a occuparmi della gestione della mia vita e di tutte quelle cose che prima condividevamo in due, ad alcune delle quali non mi ero mai interessata.

Si impara, tutto si impara.

Se si è disposti ad apprendere, è chiaro.

La sua morte, che mi aveva stravolto la vita, non mi aveva trovata impreparata. In qualche modo, mi ero preparata. 

I primi giorni ero in trance, come sonnambula; inciampavo nel fantasma di Alfonso che mi appariva ovunque.

A volte urlavo il suo nome, nella speranza di sentirlo. Non piangevo solo, spesso ridevo dei ricordi, di me stessa e persino di lui.

Mentirei se raccontassi che una volta rientrata a casa tutto andò meglio.

Non sono più stata la stessa di prima. Nemmeno il mio sorriso né i miei occhi sono più gli stessi.

Il dolore trasforma.

Riguardo le foto scattate i primi mesi che stavamo insieme: quanto sono cambiata!

Dov’è finita la spensieratezza che mi apparteneva? Dov’è finita la leggerezza?

Mi guardo: sono invecchiata all’improvviso. Nonostante il sorriso e lo slancio verso la vita che mai mi hanno abbandonato.

È difficile spiegare quale tornado mi abbia travolto, quali emozioni devastanti abbiano posseduto la mia mente, ma il corpo ne conserva memoria.

La mia seconda vita è iniziata con tante difficoltà, tante lacrime, tante notti insonni, ma durante le quali mi sono ritrovata e scoperta; ho scoperto in me una forza che non pensavo di avere.

Scrivere questo libro mi ha aiutata a tenere in vita la sua memoria, a renderlo sempre presente.

Non lo feci allora perché non mi sentivo in grado di affrontare ricordi dolorosi, ma tenevo un diario, dove annotavo tutto, una sorta di brogliaccio, di appunti di viaggio, il più duro della mia vita.

Sono grata di aver sempre avuto la lucidità di saper affrontare quello che stava accadendo, di aver saputo dare conforto ad Alfonso. Sono grata di essere stata sempre presente a me stessa e di essere riuscita a comunicare a tante persone che la vita, nonostante i pugni che si ricevono, va affrontata con il sorriso.

Sono grata di non aver mollato mai.

Avevo bisogno di parlare della morte di Alfonso, del cancro, per poter accettare la sua morte, per mettere nella mia testa ciò che l’anima aveva subito accolto, ma che la mia parte più terrena non riusciva ad afferrare.

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