L’indennità di accompagnamento viene riconosciuta ai malati che presentano una condizione d’invalidità del 100% e che necessitano di assistenza continua poiché non sono in grado di deambulare autonomamente oppure non sono autonomi nello svolgimento delle normali attività della vita quotidiana[1]. L’indennità di accompagnamento viene erogata a prescindere dal reddito personale e dall’età. Questa forma di sostegno è stata concessa  per far fronte all’«esigenza di incentivare l’assistenza domiciliare dell’invalido, evitandone il ricovero in ospedale e, nel contempo, sollevando lo Stato da un onere ben più gravoso di quello derivante dalla corresponsione dell’indennità» ma anche per «sostenere il nucleo familiare onde incoraggiarlo a farsi carico [della persona malata], evitando così il ricovero in istituti di cura e assistenza con conseguente diminuzione della relativa spesa sociale»[2].

L’indennità di accompagnamento è compatibile con lo svolgimento di un’attività lavorativa[3]. Per gli ultrasessantacinquenni (non più valutabili sul piano dell'attività lavorativa) il diritto all’indennità è subordinato alla condizione che essi abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni dell'età.

Nel verbale INPS possono essere riportate le seguenti diciture:

«invalido ultrasessantacinquenne con necessità di assistenza continua non essendo in grado di svolgere gli atti quotidiani della vita (L. 508/1988)» oppure «con impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore (L. 508/1988)». Ciò significa che è stato riconosciuto il diritto all’indennità di accompagnamento (cui si ha diritto solo se il malato non è ricoverato in un istituto a titolo gratuito).

«invalido ultrasessantacinquenne con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età (L. 509/88 e D. Lgs. 124/98)». In questo caso non si ha diritto all’indennità di accompagnamento e l’accertamento di questa disabilità è utile solo per altre agevolazioni di tipo sanitario.

Decorrenza: l’assegno per l’accompagnamento spetta dal mese successivo alla presentazione della domanda, se non altrimenti stabilito dalla Commissione. All’atto del primo pagamento, l’INPS versa in un’unica soluzione gli arretrati e i relativi interessi, mentre i pagamenti successivi saranno corrisposti mensilmente.

Importo: l’indennità di accompagnamento è erogata per 12 mensilità; l’importo non è vincolato da limiti di reddito e non è reversibile. Per l’anno 2022 è pari a 525,17 euro mensili. L’erogazione dell’indennità di accompagnamento è sospesa in caso di ricovero in un istituto, con pagamento della retta a carico di un ente pubblico. In caso di ricovero è necessario inviare tempestiva comunicazione all’INPS.

In ogni caso, entro il 31 marzo di ogni anno, il beneficiario è tenuto a dichiarare, sotto la propria responsabilità, di non essere ricoverato in un istituto a titolo gratuito. Se dovesse insorgere un temporaneo impedimento, la dichiarazione può essere resa dal coniuge o da un familiare entro il terzo grado.

Al malato spettano anche l’esenzione dal ticket per farmaci (diversa tra Regione e Regione) e prestazioni sanitarie (cod. C02).

 

[1] L. 18/1980 e L. 508/1988; D. lgs. 509/1988.

[2] L’indennità di accompagnamento può essere concessa anche ai malati terminali. Corte di Cassazione, sentenze n. 7179/2003, n. 10212/2004, n. 1268/2005.

[3] Art. 1, co. 3, L. 508/1988.

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