Nonostante i progressi nel trattamento dei tumori maligni, la prognosi per il mesotelioma è piuttosto deludente. I problemi che questa malattia pone sono molteplici e derivano dai seguenti fattori:

  • natura del tumore che occupa una superficie ampia, dalla quale si separano facilmente cellule maligne che possono dare origine a metastasi;
  • facilità con cui il tumore invade gli organi a stretto contatto con il mesotelio;
  • intervallo di latenza molto variabile, ma in genere lungo, tra esposizione all’asbesto e manifestazione dei sintomi.

La scelta del trattamento dipende dallo stadio del tumore al momento della diagnosi, dal sottotipo istologico del tumore,  dall’età e dalle condizioni generali del paziente.

La definizione dello stadio del tumore attraverso il processo di stadiazione è molto importante ai fini della prognosi e per la scelta della terapia più opportuna.Secondo le linee guida della Società Europea di Oncologia Medica per diagnosi, terapia e fasi successive alla terapia del mesotelioma pleurico, la stadiazione clinica si basa sulle immagini della tomografia computerizzata e, quando necessario, sui dati della toracoscopia.

Esistono diversi sistemi di stadiazione. Per il mesotelioma pleurico il sistema più utilizzato è quello del Gruppo di Lavoro Internazionale per il Mesotelioma che adopera il sistema TNM (T = tumore, N = linfonodi, M = metastasi) che colloca i pazienti nelle categorie prognostiche indicate nella tabella di seguito:

Tabella: Stadiazione TNM per il mesotelioma pleurico*

 

Stadio  TNM     Caratteristiche 
Ia    T1a N0 M0    Tumore primitivo confinato alla pleura parietale.
Ib T1b N0 M0 Come lo stadio Ia con coinvolgimento della pleura viscerale.
II T2 N0 M0 Come lo stadio Ia o Ib con coinvolgimento del diaframma o della pleura viscerale o del polmone.
III  T3 N0 M0
T3 N1 M0
T3 N2 M0
Tumore localmente avanzato (coinvolge il polmone).
Coinvolti i linfonodi bronco-polmonari dello stesso lato o dell’ilo.
Coinvolti i linfonodi sottocarenali (biforcazione bronchiale) o mediastinali omolaterali.
IV

T4 N3 M1

Tumore localmente avanzato e non asportabile chirurgicamente.
Coinvolti i linfonodi controlaterali mediastinali, mammari e/o sopraclavicolari omolaterali o controlaterali.
Metastasi a distanza.

* da: Stahel R.A. et al. Annals of Oncology 21 (Supplement 5): v126-v128, 2010, Malignant pleural mesothelioma: ESMO Clinical Practice Guidelines for diagnosis, treatment and follow-up.   

Nel I stadio, il tumore è confinato alla pleura parietale e non è presente nei linfonodi; nel II stadio, interessa, oltre alla pleura parietale, la pleura viscerale (la membrana a diretto contatto con il polmone) e il polmone  stesso o il diaframma; nel III stadio il tumore ha invaso il primo strato della parete toracica, parte del mediastino o un punto della parete toracica; può interessare la superficie esterna del pericardio e i linfonodi di uno dei due lati del torace; nel IV stadio il tumore ha raggiunto altri organi (metastasi) come fegato, cervello, ossa o i linfonodi di ambedue i lati del torace.

Per il mesotelioma peritoneale non vi è un sistema di stadiazione condiviso, e valgono i principi del sistema TNM illustrati sopra per il mesotelioma pleurico.
In generale, quanto più precoce è lo stadio del tumore all’inizio della terapia, tanto migliore è la prognosi; tuttavia, nel caso del mesotelioma, la guarigione completa è molto rara. Pertanto, l’obiettivo primario della terapia è il controllo dei sintomi al fine di consentire una qualità di vita accettabile.

Come per tutti i tipi di tumore, il trattamento del mesotelioma si basa sulle tre metodologie tradizionali - chirurgia, radioterapia e chemioterapia - da sole o in combinazione. È importante tenere presente che ogni paziente è un caso a sé, perché tumori che presentano caratteristiche istologiche molto simili possono crescere in modo diverso in più soggetti e dare luogo a sintomi diversi. Analogamente, un
trattamento che funziona in un soggetto potrebbe non funzionare allo stesso modo in un altro soggetto.

Chirurgia:  non è considerata di grande successo, specialmente se utilizzata da sola, mentre le possibilità di successo aumentano se si combina con la radioterapia e chemioterapia. L’intervento chirurgico più diffusamente praticato è la pleurectomia, vale a dire l’asportazione di tratti, più o meno ampi, di pleura. Meno frequente è la pratica d’interventi più demolitivi come la pneumonectomia extra-pleurica in cui il chirurgo asporta il polmone, la pleura, parte della parete toracica e, se necessario, parte del diaframma e del pericardio.

Radioterapia: si attua dopo l’intervento chirurgico, eventualmente in combinazione con la chemioterapia, a condizione che il mesotelioma sia localizzato e le condizioni del paziente consentano un intervento chirurgico radicale. Lo scopo del trattamento combinato con radioterapia e chemioterapia dopo l’intervento è di consolidare gli effetti della chirurgia, prolungando l’aspettativa di vita che in taluni casi può superare anche i 5 anni.

Per quanto il mesotelioma sia considerato piuttosto resistente alla sola radioterapia, questa può essere praticata a scopo palliativo per risolvere le conseguenze della crescita del tumore (tipicamente, l’ostruzione di un grosso vaso sanguigno) oppure per ridurre il dolore dovuto all’infiltrazione della parete toracica. Purtroppo, non è possibile considerare la radioterapia come unico trattamento terapeutico, perché la dose richiesta sarebbe molto elevata e dunque altamente tossica per qualunque paziente.

Chemioterapia: secondo alcuni studi clinici relativamente recenti, può essere considerata come il solo trattamento in grado di prolungare la vita del paziente, migliorandone anche la qualità. I farmaci comunemente usati, singolarmente o, più spesso, in combinazione sono il pemetrexed (Alimta®) e il cisplatino, oltre a carboplatino, raltitrexed (Tomudex®), mitomicina, vinorelbina e gemcitabina.

Tutti i farmaci chemioterapici hanno effetti collaterali che possono essere molto seri e debilitanti. Tra questi i più comuni sono: riduzione delle cellule del sangue, malessere, vomito e diarrea, lesioni ulcerose del cavo orale, perdita di capelli e peli, spossatezza.
Per i pazienti che non tollerano il pemetrexed un’alternativa può essere rappresentata dalla combinazione cisplatino-gemcitabina o vinorelbina; a quelli che non tollerano il cisplatino è possibile somministrare il carboplatino senza differenze in termini di sopravvivenza.

Restano, comunque, ancora molte incognite sulla chemioterapia, principalmente sull’opportunità di iniziarla subito alla diagnosi o alla comparsa dei sintomi legati al tumore, e sul numero di cicli da effettuare (solo i classici 6 oppure proseguire con un mantenimento con un singolo farmaco, in genere il pemetrexed, che è il più attivo e il meno tossico?).

Chemioterapia intraoperativa intraperitoneale ad alta temperatura: si tratta di una procedura sperimentale che consiste nella somministrazione, direttamente nella cavità peritoneale dopo rimozione chirurgica quanto più ampia possibile della massa tumorale, di una soluzione di farmaci chemioterapici riscaldati a una temperatura compresa tra 40° e 48° C. Il principio è che la temperatura elevata consente una maggiore concentrazione del farmaco, ne garantisce una sua migliore diffusione nei tessuti e ha anche un’azione dannosa sulle cellule neoplastiche, più suscettibili delle cellule normali al calore. La procedura è utilizzabile anche nel mesotelioma pleurico.
Gli effetti collaterali possono essere severi.    

Terapie integrate: anche se non esiste ancora una terapia in grado di curare il mesotelioma maligno, è possibile ottenere la riduzione della massa tumorale e, di conseguenza, prolungare la sopravvivenza. Le procedure di maggior successo negli stadi iniziali della malattia (I-II), allo stato attuale delle conoscenze, potrebbero essere quelle che combinano chirurgia, radioterapia e chemioterapia (chemioterapia preoperatoria + intervento chirurgico + radioterapia post-operatoria). Tale approccio, tuttavia, può essere proposto solo a pazienti molto selezionati - giovani, in ottime condizioni generali, senza malattie concomitanti. In ogni caso, non è da ritenersi un trattamento standard, perché non sono ancora disponibili studi adeguati che ne dimostrino un valido beneficio in termini di prolungamento della sopravvivenza rispetto alla sola chemioterapia.

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