Immunoterapia. A Milano i primi risultati, Torino al via. di Ruggiero Corcella
È una sfida giocata sull' asse Milano-Torino, la realizzazione del vaccino italiano contro il tumore alla prostata. I ricercatori dell' Istituto dei tumori di Milano hanno annunciato giovedì la conclusione di uno studio-pilota, «con risultati molto promettenti». A Milano, il vaccino è stato creato estraendo una proteina dal tumore asportato. I ricercatori dell' Istituto lo hanno somministrato sottocute a venti pazienti (8 dosi totali), per i quali la radioterapia o la chemioterapia non avevano funzionato. «Nel 70 per cento dei casi - spiega Riccardo Valdagni, direttore del programma prostata dell' Istituto, progetto con 32 linee di ricerca - abbiamo visto una forte risposta immunitaria, sia pur transitoria, e in circa il 50 per cento dei pazienti abbiamo avuto un Psa stabile o addirittura in caduta». Il Psa è il marcatore del carcinoma della prostata. In altre parole, si è avuto una riduzione o un rallentamento significativo nella crescita del tumore. «Ma non vogliamo creare false illusioni - aggiunge -, si tratta di dati preliminari». Anche all' ospedale Molinette di Torino, le équipe di urologia e del Centro ricerca medicina sperimentale hanno messo a punto un vaccino con cellule ottenute da staminali prelevate dal paziente. L' obiettivo di questa vaccinazione, tuttora in sperimentazione, è quello di rinforzare il sistema immunitario contro il tumore in malati che non hanno risposto al trattamento o che hanno avuto una recidiva. Molto più tangibili, i risultati di due studi multicentrici internazionali, ai quali l' Istituto tumori (il solo in Italia) partecipa da ottobre dell' anno scorso. Prias ha consentito di verificare la validità di una sorveglianza attiva nei casi di tumori «indolenti», quelli cioè che non evolveranno mai in forme aggressive e che di solito sono trattati con chirurgia o radioterapia. In Italia sono circa 7 mila, su 44 mila nuovi casi l' anno: lo studio ha dimostrato che con controlli trimestrali e biopsia annuale è possibile evitare l' intervento. Lo studio Procabio sta valutando i marcatori in grado di predire, fra i tumori indolenti, quelli che evolveranno verso la malattia aggressiva. Valdagni e la sua équipe hanno anche messo a punto dei metodi statistico-matematici per predire, caso per caso, la tossicità della radioterapia. Si tratta di strumenti, per la precisione regoli statistici, facili da usare per il medico. A completare l' opera, la scoperta di geni che rendono vulnerabili, o al contrario, proteggono dal danno della radioterapia.

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