Farmaci che stimolano la produzione di anticorpi contro le cellule del cancro. Una scommessa per il futuro. E in prima linea ci sono i ricercatori italiani. di Lia Damascelli
La "Settimana europea per la ricerca sul cancro" si conclude oggi con un bilancio positivo: i progressi della medicina in campo oncologico sono numerosi e promettenti terapie si affacciano all'orizzonte. Uno dei filoni di studio più innovativi - in cui l'Italia è ai primi posti - è quello dei vaccini per prevenire o curare alcune forme di cancro. "Stiamo studiando vaccini per far regredire il tumore e impedirne la ripresa stimolando il sistema immunitario" spiega Filippo Belardelli, del dipartimento di Biologia cellulare dell'Istituto superiore di Sanità. "Si tratta di agenti che aiutano l'organismo a sviluppare anticorpi e cellule "citotossiche" in grado di distruggere le cellule tumorali". Il meccanismo è simile a quello delle vaccinazioni tradizionali contro i virus e i batteri. Ma mentre in questo caso le difese immunitarie sono stimolate a prevenire la malattia nel corso della vita, in campo oncologico si spinge l'organismo ad aggredire il cancro quando è già sviluppato. Così si combatte il tumore dall'interno, senza gli effetti collaterali della chemioterapia. La vaccinoterapia è già usata per il melanoma, il carcinoma renale, quello del colon-retto e della prostata: tumori di cui si conoscono meglio la biologia e le modalità con cui le cellule tumorali interagiscono con il sistema immunitario. E su cui le terapie tradizionali non sono molto efficaci". "I risultati più incoraggianti si hanno sul melanoma" dice Michele Maio, della divisione di Immunoterapia oncologica dell'Azienda ospedaliera universitaria di Siena. "In pazienti in stato avanzato di malattia si è arrivati alla scomparsa totale del male nel 12 per cento dei casi - dato paragonabile a quello ottenuto con la chemioterapia - e si sono avuti periodi di remissione più lunghi di quelli raggiunti con le terapie convenzionali". I ricercatori lavorano anche a nuovi farmaci detti "immunomodulanti", che modificano le caratteristiche biologiche del cancro rendendolo più attaccabile dai vaccini. "Possiamo dire di avere buone prospettive" commenta Maio. "Lo dimostra il numero di studi in corso di "fase tre" (quella che studia un numero elevato di pazienti e compara l'efficacia di nuovi trattamenti con quella dei trattamenti convenzionali, ndr) e ilo fatto che varie industrie farmaceutiche sono impegnate in progetti di ricerca".

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