La termoablazione del cancro compie dieci anni. I medici più esperti sono italiani e questa terapia ha fatto molta strada,nei risultati e nelle indicazioni. Per raggiungere la massima efficacia deve, però, essere utilizzata con una precisa selezione dei pazienti e all'interno di un approccio multidisciplinare alla malattia.

di Elena Meli
Rappresenta uno dei fiori all'occhiello dei medici italiani, che la sperimentano fin da dieci anni fa, quando erano in pochi gli specialisti disposti a scommetterci.oggi la termoablazione con radiofrequenze, cioè l'eliminazione delle masse tumorali attraverso il calore sprigionato da particolari onde elettromagnetiche, è una realtà consolidata per il trattamento di alcune neoplasie e una promessa per molte altre.


FEGATO
Proprio delle ultime novità e dei traguardi raggiunti si è parlato al congresso Image Guided Ablation Therapies of Neoplastic Diseases, che si è tenuto di recente a Milano. La termoablazione con radiofrequenze rappresenta ormai un'alternativa assodata soprattutto per la terapia dei tumori al fegato. "In Italia sono almeno 150 i centri dove viene eseguita: i pazienti con epatocarcinoma trattati con questo metodo sono ormai qualche migliaio" racconta uno dei pionieri di questa tecnica, il dottor Luigi Solbiati, responsabile del Servizio di Ecografia Interventistica dell'Ospedale di Busto Arsizio (VA). "Inoltre, oggi abbiamo a disposizione  dati di sopravvivenza dei malati a cinque anni dall'intervento: ciò ha reso i metodo paragonabile a tutti gli altri trattamenti disponibili e ha dimostrato senza tema di smentite la validità di questo approccio".
I pazienti che possono giovarsene sono e saranno sempre più numerosi: grazie alo screening costante dei malati di cirrosi, ovvero dei soggetti a maggior rischio di epatocarcinoma, i tumori possono essere diagnosticati quando sono ancora piccoli e quindi bene affrontabili con la termoablazione.


NUOVE INDICAZIONI
Ma non c'è solo il cancro al fegato nelle mire dei medici: sono almeno altre quattro le neoplasie per cui il trattamento con radiofrequenze non è più un metodo esclusivamente sperimentale. "Si tratta dei tumori polmonari, ma anche delle neoplasie renali", spiega Solbiati. "La termoablazione, inoltre, può essere utile anche in pazienti affetti da osteoma osteoide (un tumore benigno dell'osso che la tecnica risolve in pochissimi minuti) o da metastasi ossee: nel secondo caso le radiofrequenze non sono risolutive, ma eliminano i forti dolori provocati dalle metastasi aiutando i malati ad affrontare meglio le altre cure. Infine, l'applicazione più nuova è sul tumore alla prostata, che può essere trattato con la termoablazione in pazienti che, per diversi motivi, hanno assoluta necessità di un approccio meno invasivo possibile".


APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE
Senza dimenticare che chirurghi e radiologi specializzati in termoablazione possono agire in tandem sul paziente: a seconda del tipo di tumore e delle caratteristiche del malato i medici possono oggi scegliere di intervenire con il bisturi, con le radiofrequenze o con entrambi i metodi, a garanzia di un risultato ottimale.
In questa direzione "multidisciplinare" vanno anche i risultati di un recente studio pubblicato su Annals of Surgery da un gruppo di ricerca guidato da Vincenzo Mazzaferro, responsabile della chirurgia digestiva ed epatica dell' Istituto Nazionale Tumori di Milano. L'indagine in questione, condotta su 50 pazienti trattati con termoterapia per carcinoma epatico, e durata 4 anni, ha in fatti verificato che pur essendo la termoterapia una opzione valida, può esistere una tendenza delle cellule neoplastiche trattate a ripresentarsi nei noduli epatici trattati, con probabilità tanto maggiore quanto più tempo passa dalla cura e quanto più grande è la dimensione del nodulo. La termoterapia ha quindi dimostrato un effetto positivo, ma talvolta limitato nel tempo, sufficiente cioè a controllare la crescita tumorale, ma non sempre in grado da sola di guarire il paziente dal tumore. La ricerca ha però anche sottolineato che una visione multidisciplinare del problema, fondata su un approccio globale che consideri ogni alternativa disponibile, tra cui quelle chirurgiche come l'asportazione del tumore oppure il trapianto di fegato, aumenta in modo significativo l'efficacia del trattamento, che, nel caso dello studio in questione, è passato dal 60 all'80 percento.


SOLO IN MANI MOLTO ESPERTE
Oggi non è certo di routine, ma in un prossimo futuro la termoablazione con radiofrequenze delle neoplasie polmonari potrebbe diffondersi ancora di più. Lo conferma la recente esperienza degli oncologi dell'IRCSS - Ospedale Oncologico di Bari, i primi in Europa ad aver utilizzato e perfezionato questa tecnica fin dal 2002: gli esperti hanno trattato di recente 40 noduli tumorali in 18 pazienti, ottenendo un tasso di guarigione superiore al 90% con effetti collaterali scarsi. "La termoablazione con radiofrequenze offre molti vantaggi, innanzi tutto viene eseguita senza aprire il torace ed è quindi meno invasiva rispetto all'operazione tradizionale", spiega Cosimo Gadaleta, responsabile dell'Unità di Radiologia Interventistica dell' Ospedale Oncologico di Bari. "Di conseguenza sono meno probabili complicanze legate all'intervento classico, come emorragie interne o versamenti pleurici. Questa tecnica è tanto "soft" che il paziente può essere già in piedi il giorno stesso il giorno successivo all'operazione". Attenzione a non farsi prendere da facili entusiasmi" avverte lo stesso Gadaleta "per questo tipo di intervento non sono ammessi errori: se l'ago-elettrodo dovesse ledere un grosso vaso, ad esempio, l'emorragia potrebbe essere fatale, perché non faremmo in tempo a risolverla passando all'intervento a torace aperto. Ciò significa che la termoablazione sul tumore al polmone non può essere improvvisata né eseguita da chiunque: è necessaria un'esperienza specifica che non tutti i centri possiedono. Non a caso sono tuttora pochi i pazienti trattati con questo metodo, in Italia e nel mondo". "Inoltre", prosegue l'esperto" è bene specificare che la termoablazione non si sostituirà alla chirurgia tradizionale, ma la affiancherà, diventando un'alternativa solo in alcuni casi selezionati". I criteri di scelta del pazienti, infatti, sono assai rigidi: il più importante è che il tumore sia piccolo e localizzato. "L'intervento, ad esempio, non può essere eseguito in caso di versamento pleurico rilevante: il tal caso il tumore si è quasi certamente esteso alla pleura, anche se la TAC non lo rileva" puntualizza Gadaleta"e se il tumore ha infiltrato altri tessuti la termoablazione non può essere curativa, ma solo palliativa".


IL CANDIDATO IDEALE
La procedura, pur essendo entrata a buon diritto fra le opzioni di cura di alcuni tipi di tumore, non è adatta a tutti. Queste le situazioni in cui è possibile ricorrere alla termoablazione con radiofrequenze: in caso di tumore primario non esteso ad altri organi, di dimensioni inferiori ai 5 cm (per i carcinomi epatici) o 3,5 cm (per i tumori polmonari). In caso di metastasi localizzate all'organo trattato e di estensione non troppo vasta: in tali situazioni, comunque, l'opportunità di intervenire deve essere valutata caso per caso. Non devono essere presenti più di tre noduli da trattare. Si può utilizzare su pazienti non operabili per motivi tecnici (come in caso di tumori polmonari molto vicini a cuore o aorta e carcinomi epatici in zone di difficile accesso), fisiologici (se patologie severe dell'apparato cardiovascolare o respiratorio rendono pericoloso un intervento tradizionale) o anche per scelta del paziente stesso (se ad esempio rifiuta decisamente la chirurgia perché è stato operato più volte)

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