Convegno scientifico alla Ematologia del Policlinico San Matteo di Pavia di Silvia Baglioni

Pavia Le nuove possibilità di cura per i linfomi maligni, e in generale per i tumori del sangue, sono state oggetto di un incontro che si è svolto recentemente a Pavia, organizzato dalla Clinica Ematologica del Policlinico San Matteo, Università di Pavia, diretta dal professor Mario Lazzarino. Anticorpi monoclonali, immunochemioterapia, autotrapianto di cellule staminali, farmaci molecolari e terapie che interferiscono con la crescita tumorale, sono le nuove armi messe a punto soprattutto grazie ai progressi della biologia molecolare.
«Fino a pochi anni fa», spiega Lazzarino, «il trattamento dei linfomi si basava solo sulla chemioterapia, che per sua natura è poco specifica e piuttosto tossica. I progressi dell’ingegneria genetica permettono oggi la produzione di anticorpi monoclonali, farmaci capaci di colpire selettivamente le cellule tumorali senza danneggiare ne altre cellule del corpo ne, soprattutto le cellule staminali, cioè le progenitrici che poi danno origine alle piastrine e ai globuli bianchi e a quelli rossi. Inoltre, immunoterapia e chemioterapia possono essere somministrate in combinazione con eccellenti risultati: l’immunochemioterapia sta diventando lo standard di cura per i linfomi maligni e per alcune forme di leucemia linfatica».
«Altra novità è che oggi», continua Lazzarino, «grazie alla specificità degli anticorpi monoclonali, è possibile costruire farmaci detti radioimmunoconiugati: un composto radioattivo viene legato all’anticorpo monoclonale che funziona quindi come un missile di precisione capace di portare la sua carica radioattiva sulla cellula maligna e di irradiare al contempo le cellule tumorali circostanti con una specie di fuoco incrociato».
Gli studi di controllo su questi farmaci stanno verificando la maggiore efficacia rispetto alla terapia standard. Il loro uso è però sconsigliato quando il linfoma interessa il midollo osseo, poiché i radioisotopi concentrandosi in tale organo potrebbero danneggiare le cellule staminali. I farmaci radioimmunoconiugati sono in sperimentazione e saranno disponibili nel prossimo anno.
Lo sviluppo degli anticorpi monoclonali permette di migliorare anche le tecniche di purificazione delle cellule staminali, utilizzate in quella altra tecnica terapeutica rivoluzionaria che è l’autotrapianto. Secondo una procedura ormai ben consolidata, le cellule staminali del paziente stesso possono essere raccolte dal sangue periferico e congelate conservando vitalità e funzione. Queste cellule progenitrici consentono al paziente di ricostituire tutte le componenti del sangue evitando le conseguenze negative sul midollo osseo della chemioterapia ad alte dosi che consente di uccidere un altissimo numero di cellule cancerose. Solo dopo vengono riportate immesse nel paziente le sue cellule staminali che riprendono tranquillamente a funzionare. E’ questo l’autotrapianto.
Grazie a questa tecnica, linfomi, leucemie e mielomi possono essere curati efficacemente con alte dosi di farmaci senza privare il malato dei suo sistema di produzione di cellula del sangue. Ma è possibile che il paziente incorra in ricadute, perché con le staminali possono essere reinfuse anche alcune cellule del tumore. Gli anticorpi monoclonali possono annullare questo rischio. Infatti, somministrati al paziente prima del prelievo delle staminali, eliminano le cellule del linfoma presenti in circolo, in modo che il materiale raccolto sia privo di cellule tumorali. Questa "purificazione" delle cellule staminali potrà risultare utile anche in altre neoplasie.
Le nuove frontiere della terapia nelle malattie del sangue si basano anche su farmaci capaci di interferire con i meccanismi molecolari che provocano le malattie (per esempio nel caso della leucemia mieloide cronica o della leucemia acuta promielocitica), o su agenti immunomodulatori che agiscono sulla rete di molecole e fattori di crescita che il tumore organizza attorno a se stesso per garantirsi la sopravvivenza.
«Alcuni di questi farmaci immunomodulatori, come per esempio i derivati della talidomide per il mieloma, sono già entrati o stanno per entrare nella pratica clinica», conclude Lazzarino, «ed aumenteranno sostanzialmente le armi di cui disponiamo contro i tumori del sangue. Per queste malattie è oggi possibile non solo puntare ad una lunga sopravvivenza e ad una buona qualità di vita, ma mirare ad obiettivi più ambiziosi: eliminare il tumore e impedire le recidive»

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