La fine dei trattamenti terapeutici segna per molte persone la conclusione di un periodo molto difficile e al tempo stesso la possibilità di riappropriarsi della propria vita, trovando un nuovo equilibrio, anche emotivo. Tuttavia, per alcuni la fase di turbamento continua. Questi stati d’animo sono soggettivi e variano da persona a persona.

Rabbia: è una delle reazioni più comuni alla malattia, ai trattamenti o agli effetti collaterali. Alcune persone reagiscono mobilitando risorse che le aiutano a vivere in un modo più in linea con i propri bisogni e desideri; altre, invece, subiscono le conseguenze di un senso di isolamento che deriva da un notevole turbamento del loro equilibrio psicofisico. Potrebbe essere utile partecipare a gruppi di auto-mutuo aiuto per condividere la propria esperienza con persone ‘che ci sono già passate’.

Solitudine: dopo i trattamenti diminuisce la frequenza del rapporto con i medici e gli infermieri, si diradano le relazioni con parenti e amici, la ripresa del lavoro può essere rimandata nel tempo e ciò comporta un senso di solitudine. Ciò determina una chiusura in se stessi e un’interruzione del flusso comunicativo con gli altri. Confidarsi con le persone più care aiuta ad avvicinarsi agli altri.

Paura e ansia: è naturale temere che la malattia possa ripresentarsi e interpretare alcuni sintomi fisici come un ‘segno’ che ciò si sta verificando. Talvolta questi pensieri possono sfociare in vere e proprie crisi di ansia, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno e irritabilità. Per molti la situazione migliora con il tempo, man mano che riprendono il controllo della propria vita e distolgono la mente dal pensiero della malattia e dei trattamenti. Procurarsi informazioni chiare e attendibili sul proprio stato di salute e sulla malattia, così come aderire ai programmi di screening e ai piani di follow-up contribuiscono a ridurre questi stati d’animo spiacevoli e limitanti.

Tristezza e depressione: dopo la conclusione delle terapie ci si potrebbe sentire svuotati di ogni energia, sia fisicamente che psicologicamente. Le difficoltà incontrate nella ripresa delle attività quotidiane e la sensazione di incertezza e vulnerabilità provocate dalla malattia potrebbero manifestarsi con umore negativo, mancanza di interesse per le attività che normalmente procurano piacere, sensazione di impotenza, insonnia, perdita dell’appetito, riduzione della capacità di concentrazione.

Problemi sessuali: la sessualità rappresenta, per molte persone, un aspetto importante della propria qualità di vita e continuare a viverla serenamente deve costituire un obiettivo anche per le persone guarite dal cancro. Sul calo del desiderio sessuale influiscono anche le conseguenze psicologiche della malattia e dei trattamenti: ansia, depressione, dolore, difficoltà di comunicazione, preoccupazioni professionali ed economiche, senso di stanchezza. In genere, la donna riferisce più spesso disturbi del desiderio sessuale e mancato appagamento, probabilmente per una sorta di inibizione femminile nel manifestare fantasie, desideri e pulsioni, mentre la disfunzione erettile è il problema funzionale più comune per l’uomo, anche se oggi sono disponibili terapie farmacologiche e fisiche, come anche presidi meccanici, che consentono di superarlo, recuperando la virilità e favorendo il ritorno a una vita sessuale appagante.

 

Consigli pratici

  • Avvalersi del supporto dello psicologo per affrontare le problematiche sessuali anche con il coinvolgimento di altri specialisti (andrologo, sessuologo, ecc.).
  • Parlare quanto più apertamente possibile con il partner degli aspetti connessi con la sessualità e delle difficoltà riscontrate; sperimentare nuovi comportamenti e nuovi modi di vivere la sessualità. 
  • Riprendere gradualmente la sessualità rispettando i tempi e i desideri di ciascuno. 
  • Se l’uomo non può ottenere l’erezione e la donna una penetrazione libera da dolore, ricercare modi alternativi per raggiungere l’orgasmo.

 


 Questa pagina è tratta dal libretto "La vita dopo il cancro" realizzato da AIOM e FAVO

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