sara storiaMi chiamo Sara, ho 25 anni e vi scrivo da Ancona. Qualche giorno fa, il 6/12/2023 ho perso mio padre Riccardo a causa di un melanoma maligno ulcerato, trovato in principio ad una gamba ad Agosto 2021.

 Inizialmente era rimasto localizzato ed ha fatto un intervento per rimuoverlo con un innesto di pelle per sistemare il tutto, e dai vari esami e tac risultava pulito. Qualche mese dopo è stata scoperta una piccola metastasi localizzata nel condotto biliare che collega la cistifellea al fegato. Era di pochi mm, e a detta di mio padre non era nulla di preoccupante, ma avrebbe dovuto fare dei cicli di terapia monoclonale.

 In questi 2 anni sembrava rispondere bene alle cure, anche se all'inizio quando mio padre tornava a casa dalle terapie vomitava, dormiva molto ed aveva sempre freddo. Lui ci diceva che erano gli effetti della terapia, ed io e mia madre ci siamo fidate. Scherzando ha anche detto "Guarda, mi sto invecchiando perché mi cadono i capelli, quasi quasi me li taglio molto corti", cosa che ha fatto.

Nel corso del tempo mio padre sembrava stare meglio, faceva una vita tranquilla e regolare, ed anche i controlli (sempre a detta di mio padre) sembravano andar bene ed era tutto stabile.

 Il 13/11/2023 mio padre cade in casa, dicendo che gli faceva male la schiena e che non riusciva più ad alzarsi. Ha iniziato pian piano a perdere la sensibilità di tutta una gamba, poi un braccio, ed ha iniziato poi ad avere difficoltà a parlare. Pensando ad un ictus o ad un'ischemia, mia madre chiama subito i soccorsi ed il 118 porta mio padre in ospedale di urgenza. Aspettiamo delle ore in pronto soccorso, e dopo un po' una neurochirurga ci chiama per farci accomodare in una stanza, ed io e mia madre iniziamo a temere il peggio.

Le sue parole sono state "Allora, Riccardo purtroppo è molto grave, ha avuto un'emorragia cerebrale che gli ha cosparso di sangue circa tre quarti di cervello (e ci ha mostrato la tac, dove il cervello di mio padre era quasi completamente nero). Possiamo solo provare a fare un intervento salvavita, cercando di togliere tutto quel sangue. Io ve lo anticipo, non è detto che l'intervento riesca, ma se non lo operiamo Riccardo muore. Facciamo questo ultimo tentativo perché ha 64 anni ed è giovane, se avesse avuto anche 10 anni di più non lo avremmo operato".

A me e mia madre crolla letteralmente il mondo addosso. Attendiamo diverse ore nella sala di aspetto della rianimazione dell'ospedale regionale di Torrette. Mio padre esce dalla sala operatoria, ovviamente tutto intubato, e viene portato subito in rianimazione. La dottoressa viene da noi e ci dice "L'intervento sembra andato bene in quanto non abbiamo riscontrato complicazioni, il sangue è stato tolto. Al momento Riccardo è in coma profondo, ma lo abbiamo indotto anche farmacologicamente per tenere il cervello a riposo. Tra poco il primario della rianimazione vi farà entrare nel reparto".
Al che il primario di rianimazione ci fa entrare, e finalmente vedo mio padre: come tutti i pazienti in coma era intubato, con il ventilatore per assisterlo nella respirazione, ed un grosso cerotto sulla testa. Il primario ci dice "Noi siamo molto preoccupati per la situazione di Riccardo. Anche se il sangue è stato tolto il cervello è fortemente compromesso, e non abbiamo idea quando e se si riprenderà. È arrivato in ospedale che era già entrato in coma naturale, vedremo i prossimi giorni dalle tac che gli faremo come risponderà alle cure. Per operarlo gli è stato anche tolto un pezzo di osso del cranio, in quanto il cervello ha bisogno di spazio essendo gonfio. Quando e se si sgonfierà, faremo un intervento di ricostruzione".

Io e mia madre eravamo distrutte, non sapevamo cosa dire, riuscivamo solo ad abbracciarci e piangere, perché una cosa del genere totalmente inaspettata non la augureresti neanche al peggior nemico.

 Mio padre è rimasto in coma tutto il tempo, anche quando gli è stato tolto il farmacologico, il suo era talmente profondo che non reagiva a nessuno stimolo esterno, nemmeno toccandolo o parlandogli; era talmente grave che anche i dottori dubitavano che ci potesse sentire quando gli parlavamo, ma purtroppo ancora nessuno sa cosa sente il corpo in quelle condizioni.

Il 20/11, quindi dopo una settimana, il primario della rianimazione di Torrette ci comunica che mio padre verrà trasferito all'ospedale Carlo Urbani di Jesi, in quanto essendo Torrette un ospedale regionale avevano bisogno di posti letto per gestire le urgenze, ed essendo mio padre "stabile" in un certo senso ci hanno detto "quello che potevamo fare lo abbiamo fatto, lo trasferiamo all'ospedale di Jesi che è più piccolo ed hanno meno casi da gestire, in modo che sarà sempre monitorato. Se poi Riccardo si riprenderà provvederanno loro a fargli l'intervento di ricostruzione dell'osso, ed eventualmente la tracheotomia per levargli il tubicino dalla bocca".

È stato quindi trasferito in terapia intensiva all'ospedale di Jesi, e lì l'ambiente rispetto a Torrette era più calmo, senza troppo via vai di gente, e trasmetteva serenità anche ai familiari dei pazienti. Il primario di quell'ospedale era molto gentile e disponibile a qualsiasi dubbio o domanda, e rispetto magari agli altri, più umano. Ci ha sempre detto che la tutela sia dei pazienti che dei familiari viene prima di tutto.

 Nei giorni in cui mio padre era in ospedale a Jesi, abbiamo iniziato a guardare tutti i vari referti medici delle sue visite oncologiche.
Con l'aiuto di una mia amica infermiera che ci ha letto i referti, abbiamo scoperto che purtroppo mio papà ci ha tenuto nascoste molte cose della sua malattia; in realtà aveva diverse metastasi in tutto il corpo: nel condotto biliare, diversi linfonodi, un'aorta addominale, ed un rene. Ci siamo poi anche spiegate i sintomi iniziali che mio padre aveva: ha dovuto fare un ciclo di chemioterapia, che non ha dato i risultati sperati, ed ha quindi poi fatto davvero la terapia monoclonale. Questo ci ha spiegato i primi giorni di vomito, stanchezza e caduta dei capelli. Sapeva di essere un paziente terminale con parecchie metastasi, in quanto il melanoma ulcerato è un tumore al 4° stadio. Le metastasi erano rimaste comunque localizzate e non si erano espanse, motivo per cui probabilmente lui pensava andasse "tutto bene", e l'ha incoraggiato a proteggerci tenendoci completamente all'oscuro.

Nel susseguirsi dei giorni abbiamo scoperto che era stato proprio il melanoma a fargli una metastasi di 2 cm nel cervello, che ha rotto un'arteria provocando l'emorragia cerebrale. Il melanoma è un tumore "bastardo" (scusate il termine) che appena ha possibilità si insinua senza pietà provocando danni irreparabili, motivo per cui è così pericoloso. L'ultima tac fatta ad Agosto 2023 non presentava questa metastasi al cervello, ed i dottori hanno infatti dedotto che si sia sviluppata nel giro di 3 mesi.

Purtroppo, passata da poco la mezzanotte del 06/12, ci arriva la chiamata dell'ospedale dove ci comunicano che purtroppo mio papà è deceduto. Non urinava da 3 giorni, noi non sapevamo nulla perché i dottori non hanno voluto dircelo per non farci preoccupare troppo, anche se avremmo preferito saperlo per poterci preparare meglio al dolore. Controllavamo sempre anche la sacca collegata al catetere, ed effettivamente gli ultimi giorni era meno piena e leggermente rossastra, probabilmente a causa delle medicine, ma vedendo che non era vuota, e non essendo esperte, non pensavamo che avesse un blocco renale. Purtroppo aveva anche febbre alta a 39 da diversi giorni, sintomo di infezione. Ci hanno anche detto che il suo cuore è arrivato in un attimo a 140 battiti, e mio padre purtroppo essendo anche diabetico e cardiopatico non ha retto allo sforzo.

Questa malattia è davvero orribile, ti porta via in un attimo dai tuoi affetti, e l'amore smisurato per la famiglia porta il paziente stesso a conservare per sé la malattia, per non far preoccupare i familiari vivendo con questo peso enorme addosso.

 Vorrei lasciare un messaggio per chi, come mio papà, ha combattuto e sta combattendo contro questo mostro: parlatene con qualcuno, con i vostri figli, i vostri genitori, la vostra famiglia, o anche un aiuto esterno. Non siete soli, coinvolgete le persone a cui volete bene in quello che state affrontando; so che non volete farli soffrire, ma parlarne farà di sicuro bene a voi e permetterete a chi vi vuole bene di starvi vicino per non affrontare tutto questo da soli.

 Mio padre non lo ha fatto, ha scelto di combattere da solo, ma non sarò mai arrabbiata con lui per questo, perché so quanto mi voleva bene, ero la sua unica figlia e mi ha sempre trattato come una principessa e amava mia madre, lo ha fatto solo per noi.

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