10 anni di volontariato per informare chi affronta il cancro.  Il 16 maggio 2008 Aimac, in occasione del suo decennale, ha presentato presso la Sala delle Colonne della Camera dei Deputati la pubblicazione “La Nostra Storia” e i risultati del sondaggio “Quel brutto male. Gli italiani e il vissuto sociale sul cancro”, svolto dall’Istituto Piepoli in collaborazione con Aimac e con il CRO.  

- Introduzione: Come tutto è cominciato
- Cap. 1: Migliorare la qualità della vita
- Cap. 2: La strategia multimediale
- Cap. 3: Aimac in Europa e in Usa
- Cap. 4: Lobbying per i diritti
- Cap. 5: Uniti si vince: Aimac e F.A.V.O.
- Cap. 6: Con il malato contro il tumore
- Cap. 7: La ricerca che non c’era
- Cap. 8: Nuove emergenze, nuovi bisogni

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Come tutto è cominciato
Corre l’anno 1996. Rientrato da Londra, dove si è sottoposto a chemioterapia per tumore al colon, Francesco De Lorenzo racconta a colleghi e amici quanto gli sia giovato il sostegno ricevuto da Cancerbacup (British Association of Cancer United Patients and their families and friends), la maggiore associazione di volontariato europea che, per aiutare le persone che soffrono, punta sul sostegno psicologico e sull’informazione. Dal 1985, infatti, l’associazione britannica produce e diffonde su vasta scala materiale informativo, tra cui dei booklets, libretti, che descrivono in maniera semplice ma scientificamente corretta la natura delle più ricorrenti neoplasie e affrontano i problemi più comuni che complicano la vita dei pazienti oncologici e di coloro che se ne prendono cura. Il confronto con la situazione italiana è eclatante: malgrado anche da noi il volontariato oncologico sia numeroso e soprattutto prodigo nello stare accanto ai malati e nel colmare le carenze del sistema sanitario e assistenziale, non ci sono associazioni in grado di fornire, in maniera organizzata, le informazioni di cui i malati, le loro famiglie e i loro amici hanno bisogno.

Per colmare questa lacuna il 19 giugno 1997 viene fondata Aimac (Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici). Per statuto persegue l’obiettivo di far conoscere ai malati, all’opinione pubblica e alle istituzioni l’importanza dell’informazione nella cura oncologica e di svolgere, anche in collaborazione con enti e organizzazioni pubbliche e private, attività di studio e di ricerca con lo scopo di introdurre nella scienza clinica i bisogni dei malati. I soci fondatori sono 27 (tra cui diversi malati o ex malati): imprenditori, giornalisti, medici, psicologi, psichiatri. Tra loro figura la segretaria di Aimac, Angela Blasi, nonché il presidente del Board of Directors di Cancerbacup, Maurice L. Slevin, primario oncologo del St. Bartolomews Hospital di Londra. Presidente, viene designato Francesco De Lorenzo.

Il 25 novembre 1997 Aimac si presenta alla stampa, tenuta a battesimo dallo stesso Slevin e da prestigiosi oncologi italiani nonché da personalità della cultura, della politica e dell’informazione. Ha un sito internet (e siamo in anni in cui nel Web se ne contano sulle dita) che si chiama www.dovecome.it/aimac, e ha tradotto dall’inglese (adattandoli alla situazione italiana) i primi cinque libretti di Cancerbacup, dei quali ha l’esclusiva per l’Italia.
Oggi sono pezzi da collezione.


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Cap. 1: Migliorare la qualità della vita
I “libretti” nascono con Aimac e rappresentano il prodotto che maggiormente qualifica la sua attività. Che siano ripresi dai booklets di Cancerbacup o che vengano elaborati autonomamente, sono sempre convalidati scientificamente da personalità accreditate nel campo della cura oncologica, italiane e/o straniere. Scritti in un linguaggio semplice e diretto, essi offrono informazioni essenziali ma difficili da reperire: sui vari tipi di carcinoma, sugli effetti collaterali delle terapie antitumorali e sui problemi piccoli e grandi legati alla malattia. Rappresentano uno strumento di comunicazione innovativo destinato a incontrare il favore dei malati oncologici italiani, dei loro familiari e delle altre associazioni di volontariato. La loro distribuzione costituisce però un problema per un’associazione neonata e con mezzi economici esigui. Aimac aggira l’ostacolo grazie alla capacità di cogliere le occasioni che si presentano per farsi conoscere.

La prima occasione proietta l’associazione sullo scenario internazionale prima ancora che su quello italiano, a riprova del fatto che in quegli anni l’attività informativa per i malati di cancro è sviluppata più all’estero che da noi. Nel luglio del 1997, Umberto Tirelli (direttore di dipartimento del Centro di riferimento oncologico di Aviano e cofondatore di AiMaC) e Francesco De Lorenzo partecipano alla conferenza europea delle help-line organizzata a Heidelberg dalla European association of Cancer Leagues (ECL). L’intervento di De Lorenzo suscita molto interesse, in particolare in Chris Thomsen, all’epoca responsabile del NCI-CIS (il Cancer Information Service del National Cancer Institute, l’agenzia statunitense che si occupa dei tumori). La Thomsen vede in Aimac il partner ideale per mettere a disposizione dei malati di lingua italiana residenti negli USA le informazioni elaborate dall’associazione. Inizia così un rapporto con e più importanti organizzazioni statunitensi, governative o indipendenti, che si protrae a tutt’oggi.

La seconda occasione si presenta un anno dopo quando, in Italia, scoppia il “caso Di Bella”, il fisiologo modenese che cura il cancro con una miscela di farmaci diversa da quella somministrata nelle tradizionali chemioterapie. Si formano associazioni di malati e familiari che organizzano manifestazioni di piazza per chiedere che il “metodo Di Bella” venga inserito tra i protocolli di cura ufficiali. In molti scrivono al sito per sollecitare la pubblicazione di un opuscolo che informi su questa cura. L’associazione risponde con un comunicato: “La linea editoriale di Aimac è quella di informare solo su terapie convalidate da sperimentazioni su migliaia di pazienti e pubblicate su riviste internazionali e pertanto non è in grado di trattare la terapia del dottor Di Bella la cui sperimentazione è appena agli inizi e soltanto in Italia”.
Come è noto, il “caso Di Bella” mette in subbuglio il mondo medico, quello politico e persino quello giudiziario creando molta confusione. Ha tuttavia la funzione positiva di attirare l’attenzione dei media sulle problematiche dei malati di cancro. Il Giornale (diretto allora da Mario Cervi) promuove un’inchiesta sul cancro in 12 opuscoli sui quali viene ospitata la pubblicità di Aimac. Il risultato è immediato. Nell’ottobre del ’98, Francesco De Lorenzo pubblica un articolo su Il Giornale, in cui scrive: “Grazie alla vostra iniziativa le nostre linee telefoniche e il nostro sito hanno convogliato più di 3 mila richieste di informazioni. Abbiamo così potuto utilizzare il materiale raccolto per presentare uno studio sull’attività di Aimac al 17° congresso internazionale sul cancro che si è tenuto a Rio de Janeiro”. Il congresso è organizzato dall'Union Internationale Contre le Cancer (UICC), la più grande organizzazione non governativa mondiale cui aderiscono 300 associazioni indipendenti di oltre 80 Paesi.

Nello studio si afferma che “La popolazione dei lungo viventi oncologici è in continuo aumento in quanto sono ormai migliaia i malati che superano i cinque anni di vita dal momento della diagnosi. Pertanto non è mai stata così forte l’esigenza di poter disporre di sostegno psicologico e di informazioni che possano migliorare la qualità della vita dei malati”. Questo passaggio rispecchia fedelmente il messaggio dell’associazione: guarire di cancro si può, assicurare ai malati la migliore qualità della vita possibile, quale che sia lo stadio della neoplasia, si deve. Di conseguenza occorre battersi affinché il malato sia curato nella sua globalità fisica e psichica tenendo conto delle particolarità della malattia di cui soffre: una malattia che richiede lunghi trattamenti e controlli; che pone il paziente in condizioni psico-fisiche altalenanti durante le terapie; che può cronicizzarsi o creare problemi dopo la guarigione; che può – sia pure in misura molto minore che in passato - concludersi con la morte. Per la dignità della vita, che vuol dire ricevere non solo le cure adeguate ma anche l’adeguata assistenza, la chiara e corretta informazione è essenziale e deve accompagnare chi soffre per una neoplasia lungo tutto il suo percorso.

Nel 1999 Aimac edita il primo video, una cassetta VHS, sulla chemio e sulla radioterapia traducendo e adattando alla situazione italiana il filmato ideato da Robert Thomas, primario di oncologia dell’Addenbrooke’s Hospital dell’università di Cambridge. La cassetta viene distribuita anche tra i pazienti oncologici italiani che vivono in Inghilterra. A fine dello stesso anno, la collana del Girasole, il fiore giallo che guarda il sole scelto come simbolo dell’associazione, comprende 14 libretti.


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Cap. 2:
La strategia multimediale
Siamo ancora nel secolo scorso quando Aimac individua gli obiettivi da raggiungere attraverso i propri prodotti informativi:

  • rafforzare l’autostima dei malati per superare gli ostacoli nei rapporti con i curanti e con le istituzioni sanitarie;
  • promuovere la circolarità delle informazioni: dall’associazione ai malati e viceversa, senza escludere esperti e curanti;
  • aiutare malati e familiari a esprimere, attraverso la richiesta di informazioni socio-sanitarie, la sottesa domanda di sostegno psicologico;
  • far conoscere ai malati e a coloro che li assistono i loro diritti.

Quindi si dota degli strumenti per raggiungere il maggior numero di malati e di quanti se ne prendono cura, in primis le famiglie.
Nel 2001 il Pikker Institute, lancia la formula “l’informazione è la prima medicina” in base a un’indagine sui bisogni dei malati europei da cui risulta che il paziente informato su tutti gli aspetti della propria malattia acquisisce la coscienza necessaria per ridurre il carico di stress e per combattere con maggiore energia la battaglia contro la propria neoplasia. Aimac, che ha già sperimentato nel rapporto con i malati la validità della formula, si adopera a diffonderla a largo raggio: tra le associazioni italiane di volontariato, tra i curanti e gli operatori sanitari, negli istituti per la ricerca e la cura dei tumori, nelle istituzioni politiche, tra l’opinione pubblica. E così, a partire dal Terzo Millennio, l’associazione decolla.

Come unica associazione italiana di volontariato membro effettivo dell’ECL, partecipa al congresso per la celebrazione del suo ventesimo anniversario che si tiene a Roma nel 2000. Quindi, nell'ambito delle attività post congressuali, organizza a Ischia il seminario “The role of information tools for cancer patients and their families”, in cui medici oncologi, ricercatori, volontari e politici discutono sull’utilizzo di internet per veicolare informazioni utili e corrette. Per l’occasione viene presentata la nuova organizzazione del sito web che consente di scaricare il materiale informativo (libretti, profili farmacologici ecc.) e che pubblica notizie aggiornate dal mondo scientifico. Il successo di www.aimac.it è immediato. Nel 2001 il sito viene promosso da HON (Health On the Net foundation), la fondazione svizzera collegata all’ospedale universitario di Ginevra che certifica l’affidabilità scientifica dei dati disponibili nella e-health, ovvero nei siti web specializzati nella salute. Nel 2003 i contatti dei visitatori salgono a una media giornaliera di 1.000 unità. Quindi, nel 2005, il sito riceve un ulteriore riconoscimento dal Forum Biomedico del Censis che lo attesta come sito friendly, facile da usare e dotato di contenuti affidabili.

Di pari passo all’intensificarsi delle iniziative, Aimac stringe rapporti con le associazioni di volontariato italiane. Partecipa alla seconda conferenza sul volontariato di Ovada, dove opera l’associazione di malati e familiari Vela, e da lì nasce l’idea di censire le associazioni di tutta Italia. La Guida del volontariato oncologico, dotata di 508 indirizzi viene pubblicata nel 2004. Frutto della collaborazione tra l’Istituto Italiano di Medicina Sociale (IIMS), Aimac, Vela e Angolo (Associazione Nazionale Guariti o Lungoviventi Oncologici), viene distribuita presso gli ospedali e nelle Asl, oltre a essere consultabile on line. Nasce, quindi, il trimestrale AmicAimac e vengono editati due DVD sulla radio e la chemio terapia in collaborazione, rispettivamente con l’AIRO, l’Associazione Italiana di Radiologia Oncologica, e con l’AIOM, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica. Infine, la sede di via Barberini si dota di un numero verde e di una helpline che si avvale di personale reclutato dal Servizio Civile. Continua, ovviamente, la pubblicazione dei libretti, tra i quali il primo (e unico) compendio delle leggi di tutela in materia di previdenza e assistenza.

Con questi strumenti Aimac costruisce passo dopo passo una strategia multimediale finalizzata anche a coinvolgere medici e operatori sanitari per renderli protagonisti e promotori di una terapia informativa intesa come parte integrante della cura oncologica. Al terzo congresso dell’AIOM (2001), il presidente di Aimac partecipa alla tavola rotonda “Oncologi medici e associazioni di volontariato: insieme per una corretta informazione a servizio dei malati” nella quale si riferiscono i risultati di uno studio in corso, condotto in collaborazione con l’AIOM del quale parleremo diffusamente nel capitolo “la ricerca che non c’era” (cfr. pag.XX)
Con il progetto Sirio (Servizio individualizzato di richiesta di informazioni in Oncologia), in collaborazione con la Fondazione IRCCS (*) Istituto Nazionale dei Tumori (INT) di Milano, nel 2005 viene attivato il primo “Punto Aimac” presso il quale i pazienti e le loro famiglie, oppure gli amici o i volontari che li accompagnano, trovano i materiali prodotti dall’associazione. Il “Punto” ha anche una funzione di accoglienza in quanto dotato di volontari del Servizio Civile in grado di aiutare nella scelta del materiale. A fine 2007, altri 15 analoghi sportelli con analogo tipo di servizio, vengono attivati in altri 14 centri di cura. Comincia a realizzarsi così uno dei punti cardine della strategia informativa: portare la “prima medicina” lì dove i malati vengono curati e coinvolgere i curanti nella sua somministrazione.

(*) Gli IRCCS sono gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico

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Cap. 3: Aimac in Europa e in Usa
Vienna, Washington, Barcellona, Bethesda, Oslo, Atlanta… Aimac è invitata a partecipare a seminari, convegni e congressi anche oltre confine e così incontra agenzie governative, società medico-scientifiche, associazioni senza scopo di lucro e organizzazioni no profit. Questi variegati enti hanno due caratteristiche comuni: l’indipendenza dalle parti politiche e l’uso della lingua inglese per comunicare tra loro e all’esterno. Molti hanno dei sottogruppi che si occupano specificamente di informazione, molti altri svolgono lavoro di ricerca socio-sanitaria per produrre dati sulla popolazione ammalata al fine di enuclearne le maggiori e più urgenti problematiche da affrontare. Tutti, e tutti insieme, sono mobilitati contro una malattia che in Italia colpisce 250 mila persone ogni anno, in Europa 2 milioni e 800 mila, in USA un milione e 400 mila, in tutto il mondo circa 11 milioni.
Dopo la partecipazione al 17° congresso di Rio De Janeiro, nel 1999, Aimac diventa socio dell’UICC, la più grande organizzazione non governativa che interviene in tutti i campi dello scibile socio-sanitario per controllare l’andamento dei tumori a livello planetario. Successivamente, viene eletta nel comitato consultivo dell’International Cancer Information Service group (ICIS), sottogruppo dell’NCI-CIS con il quale collabora fin dalla conferenza di Heidelberg (cfr. pag. 10). Quindi, nel 2006, Francesco De Lorenzo viene eletto nel direttivo dell’ International Cancer Information Service Group (ICISG), un organismo multinazionale dedicato all’informazione, partner dell’UICC.

Ma questa non è l’unica presenza di Aimac negli organismi dirigenti o fondativi di un organizzazione di rilievo. Quando, nel 2003, viene creata l’European Cancer Patient Coalition (ECPC), la prima organizzazione europea che raggruppa le associazioni dei malati, Claudia Di Loreto (all’epoca segretario di Aimac) fa parte del comitato costituente. Quindi, nel 2005, in occasione delle prime elezioni dei dirigenti, il vice presidente di Aimac, Elisabetta Iannelli, viene nominata segretario generale. Avvocato, Iannelli dà un forte impulso al tema dei diritti per i malati italiani tenendo conto di quanto avviene negli altri paesi d’Europa.
In tema di tutela giuridica, l’associazionismo europeo si distingue da quello statunitense per essere impegnato nella proclamazione di diritti universali per i malati di cancro. AL 18° congresso internazionale dell’UICC (Oslo 2002) viene approvata la Dichiarazione Congiunta sui diritti del malato che si assomma alle altre dichiarazioni esistenti (ONU, UNESCO, OMS, Carta di Parigi) e però se ne differenzia in quanto pone maggiore attenzione alla protezione della persona nelle relazioni giuridico-sociali. Viceversa, l’associazionismo statunitense è specializzato nell’attività di advocacy, ovvero nella difesa individuale e collettiva dei diritti nelle sedi giudiziarie. Ciò dipende dalla diversa cultura giuridica vigente nelle due entità politiche: gli Stati Uniti d’America e l’Unione Europea. Aimac, che ha la possibilità di essere presente in entrambe le realtà, svolge un importante ruolo nell’organizzare convegni a tema offrendo sempre ai partecipanti l’occasione di confrontarsi con colleghi europei e americani.

Abbiamo già detto della stretta collaborazione tra Aimac e l’NCI-CIS, qualificandosi come unica associazione di volontariato italiana accolta nella “grande famiglia” dell’NCI. Ciò le consente di stringere proficui rapporti con i vari enti collegati alla maggiore agenzia governativa sul cancro del pianeta. Nel marzo del 2006 una delegazione di Aimac (Salvatore Aloj, professore di patologia generale all’università di Napoli, cofondatore e segretario di Aimac, Claudia di Loreto e Francesco De Lorenzo) partecipano al 30° anniversario del CIS che si svolge a Bethesda, cittadina del Maryland. Malgrado il CIS, dotato di molti mezzi e di una rigorosa verifica del loro impiego, non può minimamente essere paragonato con i risultati raggiunti da una piccola associazione come Aimac, la relazione di quest’ultima viene molto apprezzata: nel suo “piccolo e bello” è in perfetta consonanza con il “grande e bello” del CIS che possiede una struttura in grado di elaborare le metodologie comunicative sulla base di studi e ricerche appositi. Dalla conferenza del CIS, Aimac importa un nuovo concetto applicabile anche al proprio contesto: la disseminazione delle informazioni, intendendo con ciò un tipo di verifica del feed-back sul malato e sui suoi familiari che presuppone un contatto diretto e continuo tra chi fornisce e chi riceve gli strumenti informativi. In Aimac sono le operatrici della help-line e i volontari del servizio civile nei luoghi di cura a svolgere queste verifiche.

Sempre a Bethesda e sempre nel 2006, la terza conferenza organizzata dall’Office of Cancer Survivors dell’NCI sullo stato della ricerca sui sopravvissuti al cancro, offre a chi vi partecipa una mole di contatti e di informazioni sul tema più scottante dell’attualità: la vita dopo il cancro. La conferenza richiama infatti un gran numero di ricercatori e scienziati, studiosi sociali, volontari e attivisti provenienti da tutto il pianeta perché ormai, in tutto il mondo, la prevalenza dei sopravvissuti è ben più cospicua del numero di coloro che, ogni anno, si ammalano di una neoplasia. Per l’Italia, l’unico rappresentante invitato è Francesco De Lorenzo, il quale annota nel taccuino la “tre giorni” di workshop, seminari, assemblee plenarie e, come vedremo, porta Aimac a agire di conseguenza.

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Cap. 4: Lobbying per i diritti
La sala è stracolma, gli oratori di altissimo livello. Aimac è l’anfitrione. Siamo a Roma, il 3 ottobre del 2002, nella sala del Cenacolo della Camera dei Deputati, il cui presidente (ai tempi è Pier Ferdinando Casini) presenzia un evento che prende spunto dalla celebrazione della Giornata europea dei diritti dei malati di cancro. I diritti sono quelli rivendicati nella Dichiarazione Congiunta di Oslo sottoscritta da 39 organizzazioni europee: all’uguaglianza di trattamento, al sostegno sociale e alla tutela sul lavoro, all’informazione, alla scelta del luogo di cura, al supporto psicologico, alla riservatezza, alla continuità della cura in ospedale e a domicilio, alla terapia del dolore, all’assistenza terminale. Aimac, che ha collaborato alla stesura della dichiarazione, si rende conto che essa rischia di restare sulla carta se non viene presa in mano dai rappresentanti degli interessi dei malati e tradotta in proposte concrete. Per questo promuove il convegno romano in cui i più qualificati esponenti dell’associazione (Elisabetta Iannelli, Alessandro Merluzzi, Pietro Antonio Ricci, Giancarlo Vecchio) si confrontano con medici oncologi, parlamentari, esponenti governativi.

Iannelli, che assieme a Umberto Tirelli introduce i lavori, denuncia che le leggi esistenti per tutelare i lavoratori malati non sono adeguate ai malati di cancro. Perché considerano la disabilità conseguente alla malattia come qualcosa di irreversibile, anticamera dell’ “invalidità civile”. I pazienti oncologici, alternano periodi di sofferenze anche assai pesanti a periodi in cui si riprendono e si sentono in salute. Inoltre possono convivere con il cancro anche molto a lungo, sempre in condizioni di salute assai mutevoli. Ci vogliono quindi norme di rango legislativo, propone Iannelli, che evitino al malato lavoratore di essere considerato un peso, inefficiente e poco produttivo. L’allora sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, raccoglie la sfida: “La soluzione non può essere quella di eccedere nella concessione di pensionamenti per invalidità che è spesso una delle soluzioni con cui, in qualche modo, si cerca di rimediare a una carenza. Ma la tematica deve essere affrontata in modo razionale, eliminando il ricorso a un tipo di tutela essenzialmente cieca. Occorre intervenire sia attraverso lo strumento contrattuale sia nell’ambito della riforma del mercato del lavoro”. Le sue parole suonano come un impegno.

Il 2003 è un anno cruciale per l’impegno di Aimac per i diritti. E per i risultati ottenuti. Viene pubblicato il libretto della Collana del Girasole “I diritti del malato di Cancro” nel quale Elisabetta Iannelli raccoglie e spiega – per la prima volta in Italia - i principi e le norme utilizzabili dalle persone affette da tumore. Il libretto, frutto della collaborazione tra l’associazione e l’Istituto Italiano di Medicina Sociale (IIMS), viene stampato in 5.000 copie. Incontra il favore del pubblico e risulta assai utile anche agli operatori delle strutture sanitarie in contatto con i pazienti, ai volontari che accompagnano i malati nei luoghi di cura e di assistenza. Quindi, il Summit della Solidarietà (di cui l’associazione fa parte) chiede a Francesco De Lorenzo di scrivere un articolo per l’inserto del Sole 24Ore dedicato al Terzo Settore in occasione dell’Anno Europeo del Disabile. L’articolo, fin dall’incipit, denuncia una situazione grave: “Nel nostro Paese ogni anno circa 250 mila cittadini vengono colpiti dal cancro. Quasi il 50% riesce a guarire con o senza conseguenze invalidanti, mentre nell’altro 50% ve ne è una buona quota che sopravvive più o meno a lungo. I risultati della ricerca sperimentale, i progressi della medicina e della chirurgia, le nuove terapie stanno mostrando effetti positivi sul decorso morboso, ma - e non c’è contraddizione – proprio questi vantaggi, che hanno cancellato la triste equazione cancro = morte, ci obbligano a affrontare nuovi e inediti problemi. Più possibilità di cura, vuol dire più malati che si devono sottoporre a cure debilitanti in una maniera del tutto particolare”. Qui il discorso si aggancia ai diritti, quelli esistenti e quelli di tipo nuovo, per far fronte alla “nuova disabilità di massa” costituita dall’insieme dei sopravvissuti al tumore.

La denuncia non resta inascoltata. Spalleggiata dai suggerimenti di tanti malati che indicano la via da percorrere, Aimac “fa lobbying”, ovvero incalza governo e parlamento, trovando nel sottosegretario Sacconi un interlocutore umanamente e politicamente disponibile. Nella legge di riforma del mercato del lavoro, la Legge Biagi, viene inserito un comma che consente al malato dipendente dal settore privato di passare dal tempo pieno al tempo parziale per potersi curare con maggiore agio, mantenendo però il diritto a riprendere il normale orario di lavoro quando lo riterrà opportuno. A fine 2007, in occasione dell’approvazione del decreto sul Welfare, collegato alla Finanziaria 2008, il senatore Sacconi propone un emendamento (appoggiato dalla maggioranza e dal governo) che estende la norma ai dipendenti del pubblico impiego e, in diversa misura, anche ai lavoratori familiari o conviventi che assistono il malato.

Ma torniamo al 2005: il 16 giugno, di nuovo nella sala del Cenacolo, Aimac e Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori illustrano le “Linee guida europee per i diritti dei malati di cancro” promosse dall’ECL. Per l’occasione esce la seconda edizione del libretto, presentato da Grazia Sestini, allora sottosegretario del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Conseguentemente all’impegno di Sestini e Sacconi, il ministero emana una circolare che riassume in un unico contesto i benefici socio-economici propugnati dall’associazione, chiarendo i termini di utilizzazione di norme vigenti ma trascurate come quella che da il diritto di fruire di 30 giorni di assenza dal lavoro per cure connesse a patologie invalidanti.


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Cap. 5: Uniti si vince: Aimac e F.A.V.O.
Alla terza conferenza del volontariato di Ovada (2004), Francesco De Lorenzo viene eletto presidente della neonata Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, Elisabetta Iannelli viene eletta segretario. Aimac e F.A.V.O si compenetrano l’una nell’altra, e non per caso. Proprio a Ovada, grazie alle conferenze che si susseguono dal 2000 in poi, Aimac conosce e si fa conoscere dalle altre associazioni, stringendo rapporti di collaborazione con Angolo e Vela. Quindi, nelle ricorrenti occasioni di incontro, partecipa alle discussioni sull’opportunità di creare un coordinamento nazionale del volontariato oncologico. “Ci siamo interrogati a lungo” ricorda Paola Varese oncologa e volontaria di Vela, nonché direttore scientifico della Federazione, “su come far emergere un volontariato maturo, consapevole, capace di porsi come interlocutore istituzionale a difesa dei diritti dei pazienti e di coloro che li aiutano. Volevamo un coordinamento autorevole in grado di sviluppare la progettualità del volontariato. Ogni associazione, ogni volontario, che in molti casi è un ex malato, ha un grande sapere sui bisogni dei malati. Volevamo valorizzarli e dialogare con tutti: i medici che curano, gli scienziati che studiano, i politici che fanno le leggi”.

Quando F.A.V.O. viene costituita le associazioni federate sono 44 (oggi sono 302). Si diversificano tra quelle che operano presso i centri di cura e i presidi sanitari e quelle che operano nelle proprie sedi; quelle che assistono malati di particolari neoplasie e quelle che si occupano di pazienti bambini. Anche i servizi che offrono sono diversi: dalle case-alloggio per pazienti e familiari in trasferta ai vari tipi di assistenza, dall’organizzazione di attività fisiche per i malati in fase terapica alla presa in carico dei malati terminali negli hospices dove vengono somministrate terapie del dolore. Lo statuto di F.A.V.O, nel rispetto dell’autonomia delle associazioni, le impegna nella difesa dei diritti esistenti e nella conquista di nuovi. In particolare il diritto all’informazione e a una riabilitazione di tipo multidisciplinare (psicologica, clinica, fisica, assistenziale e sociale) che miri a reintegrare la persona colpita da tumore nella società.

Un anno prima della vera e propria fondazione, Aimac, Angolo, Vela e l’IIMSS organizzano a Roma, presso Istituto Superiore di Sanità, una conferenza del volontariato “per la federazione delle associazioni”, cui presenzia l’allora ministro della Salute Girolamo Sirchia. Il ministro caldeggia la nascita di un referente unico del volontariato oncologico che possa rappresentare uno stimolo propositivo per migliorare la condizione dei malati e il concetto di cura. “Bisogna curare il malato e non limitarsi a curare la malattia”, afferma. F.A.V.O. raccoglie l’invito chiamando le associazioni a mobilitarsi per ottenere l’istituzione di una Giornata dedicata ai malati oncologici, accanto a quelle già esistenti per la prevenzione dei tumori e la ricerca sul cancro.
“Lungi dall’essere proposta come celebrazione puramente compassionevole delle sofferenze, delle difficoltà, dei bisogni, delle esigenze e dei diritti di una categoria di malati, la Giornata vuole costituire il “terzo pilastro” della task-force anti-cancro.” scrive F.A.V.O. nella richiesta al governo appoggiata anche da medici oncologi, esponenti di istituti a carattere scientifico, associazioni non federate. Oltre che con la diffusione della prevenzione e con lo sviluppo della ricerca - prosegue - il cancro può essere sconfitto soltanto se al malato viene riconosciuto il ruolo di protagonista e se la sua condizione di vita diventa fonte di conoscenza e di attenzione per sviluppare politiche che migliorino la qualità della sua vita. Infine, si chiede che la Giornata venga fissata nella prima domenica di giugno, in concomitanza con il National Cancer Survivors Day che si celebra, da ben 18 anni, in USA e in Canada.

Oggi la Giornata esiste, istituita con atto della Presidenza del Consiglio nel 2006. La prima viene celebrata a Roma con il motto “vinciamo insieme la vita”. La seconda si svolge a Milano e a Napoli all’insegna dello slogan “Contro il cancro c’è un’arma in più: la legge”. Le leggi in realtà sono due, poiché alla prima “legge di Aimac” per i malati lavoratori se ne aggiunge la seconda che il “lobbying per i diritti” riesce a ottenere mobilitando questa volta F.A.V.O.. Si tratta di una norma inserita nella legge n.80/2005 (per il riordino della pubblica amministrazione) che snellisce l’iter burocratico per l’accertamento della disabilità e dell’handicap presso le Aziende sanitarie locali, riducendo i tempi di accertamento da un anno a 15 giorni. Nei giorni che precedono la Giornata del 2007, Aimac stabilisce un accordo con l’INPS, l’erogatore dei sussidi, che porta alla collaborazione dell’ente per la stesura della quarta edizione aggiornata dei “I diritti del malato di cancro” della Collana de il Girasole.
La conquista legislativa di F.A.V.O. diventa occasione di dibattito in una conferenza stampa nel capoluogo milanese in cui Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia, presenta lo stato di applicazione della legge nel territorio amministrato: uno dei migliori in Italia, come conferma anche un sondaggio svolto da F.A.V.O.

A Napoli, in presenza di una folla di volontari e malati, si traccia quindi il bilancio per il Centro e per il Sud dove la legge viene applicata in maniera discontinua o lacunosa. Intervengono il ministro della Salute Livia Turco, l’assessore campano alla Sanità Angelo Montemarano e Massimo Piccioni, coordinatore dell’area medico legale dell’INPS. I presenti, ben consapevoli di quanto sia importante, oltre che lo snellimento dei tempi di accertamento, anche quello dell’erogazione dei benefici economici, accolgono con favore l’annuncio di Massimo Piccioni relativo all’emanazione di una disposizione interna rivolta alle commissioni mediche dell’INPS affinché, pur in assenza di un vincolo di legge (la legge n.80/2006), ottemperino le verifiche di loro competenza in non più di 30 giorni.


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Cap. 6: Con il malato contro il tumore
Nel 2005 il ministero della Salute si rivolge a F.A.V.O. per elaborare la campagna di comunicazione per l’informazione e la prevenzione in oncologia “Con il malato contro il tumore”. E’ la prima volta che le competenze dei volontari vengono richieste per creare un messaggio istituzionale in cui i malati sono considerati alleati indispensabili nella lotta al cancro. Inoltre, F.A.V.O. stessa e altre otto associazioni (tra cui Aimac) ricevono finanziamenti per la realizzazione di progetti finalizzati a valorizzare la campagna. Aimac ne realizza tre che si concludono con due convegni, a Roma, seguiti dalla pubblicazione di relativi “libretti”, e la redazione di Oncoguida.

A dicembre si tiene il primo convegno sui “Trattamenti non convenzionali per i malati di cancro: gli strumenti per una informazione corretta”, organizzato con la collaborazione dell’ISS (per l’Italia) e dell’NCI (per gli USA). Ma, vista la materia, viene invitato anche il National Center for Complementary and Alternative Medicine (NCCAM) del National Health Institute (NHI, l’equivalente – con molti distinguo – del nostro Istituto Superiore di Sanità). Il convegno risulta quanto mai opportuno se si calcola che, a livello mondiale, più del 50% dei pazienti non si accontenta della medicina ufficiale e fa ricorso a trattamenti che prendono in considerazione non solo la patologia dell’organo colpito dalla neoplasia ma anche, e con pari attenzione, lo stato globale della persona e le sue sofferenze fisiche e emozionali. C’è però il problema che i malati, e quanti danno loro consigli, tendono a considerare innocui questi trattamenti mentre è comprovato che possono interferire negativamente con le terapie scientificamente convalidate. Al convegno Aimac riesce a coinvolgere in una serrata discussione esponenti delle associazioni di volontariato, giornalisti, comunicatori e massimi esperti italiani, europei, statunitensi, mostrando così la capacità di unire il discorso scientifico e quello informativo, rendendo il primo alla portata dei non addetti ai lavori e qualificando il secondo come corretto e affidabile. Vengono quindi pubblicati gli atti del convegno, in italiano e in inglese, e un libretto della collana del Girasole redatto coinvolgendo gli esperti convenuti a Roma.

Il secondo convegno (sempre nell’ambito della collaborazione con l’ISS e l’NCI) è dedicato agli “Studi clinici di nuove terapie contro il cancro: una guida per i pazienti”, argomento attualissimo, presente tanto nella letteratura quanto nella divulgazione scientifiche. Arruolandosi nelle sperimentazioni di trattamenti non ancora in commercio, molti malati hanno visto migliorare la qualità della loro vita e quelle degli altri malati. Senza contare che partecipare a una sperimentazione può rappresentare una speranza in più per chi ha già provato, senza successo, le cure disponibili. Infine, proprio grazie agli studi clinici, si sono verificati molti progressi nella guarigione di alcuni tumori. Eppure, e non solo in Italia, il numero degli arruolati è ancora basso, pur essendo gli studi clinici in oncologia i più numerosi (da noi sono il 26% del totale). Al convegno si discute del binomio sperimentazione/informazione, in quanto – in questo caso più che in altri – ciò che il paziente deve sapere sono i rischi e i benefici cui va incontro attraverso un’informazione equilibrata, come quella presentata nell’anteprima del libretto di Aimac. Quindi medici, ricercatori, rappresentanti delle agenzie internazionali e delle associazioni dei pazienti mettono a confronto lo stato dell’informazione nei paesi da cui provengono: Stati Uniti, paesi europei e Italia. Si toccano molti temi, anche quello dei finanziamenti degli studi clinici, che nella maggior parte dei casi avviene attraverso l’industria farmaceutica, tenuta però a rispondere a regole fissate dai governi. La proposta di un registro internazionale degli studi clinici viene illustrato da un alto funzionario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, mentre lo stato delle sperimentazioni in Italia viene raccontato, tra gli altri, dal rappresentante dell’Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA). Quindi, l’Agenzia mette a disposizione di Aimac l’accesso alla sua banca dati. Ma poiché informare i pazienti oncologici sugli studi clinici vuol dire rendere in un linguaggio a tutti comprensibile gli elaborati dalla comunità scientifica che confluiscono nel database, l’oncologo clinico Maria Rosaria Grasso, consulente dell’ help-line, assume la funzione di “traduttore” per rispondere alle domande di chi chiama.

Infine, l’Oncoguida, realizzata in collaborazione con l’ISS, è disponibile come libro e come sito (www.oncoguida.it); due strumenti organizzati per sapere rapidamente a chi rivolgersi per le diagnosi, i trattamenti terapeutici, il sostegno psicologico, la riabilitazione e l’assistenza, le terapie del dolore, e per far valere i propri diritti. Consta di 20.000 voci e 5 mila indirizzi. Ha una struttura di consultazione semplice e adatta ad indirizzare nel luogo giusto le diverse tipologie di malati e le loro differenziate richieste. Ma è di grande utilità anche per i volontari, gli amministratori sanitari, i medici e gli infermieri. Si tratta, inoltre, di uno prodotto inedito che non solo accorpa indirizzari già esistenti ma sparsi e dispersi su varie fonti (e li aggiorna), ma ne censisce di nuovi utilizzando metodologie rigorose convalidate dagli organismi tecnici del ministero della Salute (Direzione generale del sistema informativo), e dalle società scientifiche per quanto riguarda le prestazioni cliniche.


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Cap. 7: La ricerca che non c’era
“Da paziente oncologico vorrei contribuire a elaborare una specie di ‘scienza degli infermi’. Sono convinto, infatti, che la ricerca e la clinica medica abbiano bisogno non solo di più umanità ma di più scienza”. La scienza che intendeva Gianni Grassi, caro amico di Aimac che ci ha lasciato, doveva essere costruita attraverso un tipo di ricerca che sapesse integrare “il sapere bio-statistico e il sapere bio-etico, la nosologia della malattia e la narrazione della propria malattia da parte di ciascun paziente”. Vorremmo dedicare a Gianni queste pagine perché, assieme a Aimac, è stato un convinto assertore della “ricerca che non c’era”, una ricerca che pone attenzione alla qualità delle cure e, di conseguenza, alla qualità della vita perché solo così l’intervento sanitario si avvicina alla persona, rendendola partecipe del cambiamento dell’intero sistema.

La prima ricerca qualificante di Aimac punta a appurare gli effetti della terapia informativa su pazienti in procinto di sottoporsi a chemioterapia. Coinvolge lo stesso presidente dell’associazione e una equipe di studiosi, mentre l’AIOM collabora alla stesura dei questionari e alla loro somministrazione ad un campione di 328 pazienti distribuiti in 21 luoghi di cura. Ai pazienti vengono consegnati i libretti e le videocassette sulla chemioterapia prodotti dall’associazione per quantificare in che misura la lettura e la visione del materiale contribuisca a ridurre l’ansietà e la depressione, fenomeni che si presentano spesso in chi è alle prese con le cure chimiche. Emerge che tra l’86 e il 93% degli intervistati trova i libretti “utili” o “molto utili” e che l’87% giudica l’informazione contenuta nelle videocassette ancora più completa. La ricerca si avvale anche delle risposte dei medici a un questionario sul livello di informazioni che essi riescono a trasmettere ai pazienti, dalle quali risulta che i curanti garantiscono la massima quantità e qualità delle informazioni nella misura in cui possono dedicare ai pazienti abbastanza tempo. Pertanto ritengono che quando il tempo è carente una terapia informativa tempestivamente “somministrata” fa risparmiare tempo e migliora il reciproco ascolto. I risultati dello studio vengono pubblicati nel 2004 su Annals of Oncology, la prestigiosa rivista della European Society of Medical Oncology che segnala l’articolo in copertina tra quelli di maggiore interesse.

Aimac indaga e, a sua volta viene, indagata. Il Monitor Biomedico del Censis esegue la ricerca “La rappresentazione sociale delle patologie tumorali e i problemi dei malati” utilizzando i focus groups di pazienti in cura organizzati dall’associazione durante la Giornata nazionale del malato oncologico del 2006. Il maggior problema che viene segnalato è quello della mancanza di un sostegno psicologico soprattutto nella fase acuta della malattia. La maggioranza dei pazienti suggeriscono di potenziare i servizi di psico-oncologia, dai quali tutti dichiarano di aver tratto, quando ne hanno avuto la possibilità, un grande beneficio. Al tempo stesso, tuttavia, la maggior parte dei malati afferma di aver saputo della possibilità di parlare con uno specialista in modo quasi casuale e solo dopo aver iniziato il proprio percorso terapeutico; al contrario, una figura disposta ad ascoltare, a parlare e a rispondere alle domande più angoscianti dovrebbe essere presente da subito e accompagnare il malato durante il ricovero così come negli ambulatori di cura e, quando terminano degenze e cure, ci vorrebbero accanto persone capaci di aiutare il paziente nel reinserimento lavorativo, sociale e affettivo. Non mancano però le note positive: i pazienti sono abbastanza soddisfatti delle cure ricevute, giudicano buone l’organizzazione ospedaliera, la professionalità degli specialisti e anche la rapidità con la quale hanno avuto accesso alla diagnostica e alle terapie. Ciò che manca, dicono, è proprio un mutamento di approccio, un’impostazione che ponga al centro il malato e faccia convergere sulle sue esigenze l’organizzazione della cura.

Una cura organizzata per rispondere ai bisogni non solo clinici dei malati è quello che Aimac offre inserendo nella collana del Girasole due libretti, uno sulla fatigue, l’altro sulla nutrizione. Si tratta di due problemi conosciuti e studiati a livello scientifico, ma a cui i curanti prestano scarsa attenzione nei colloqui con i pazienti. Eppure la fatigue è un fenomeno di affaticamento del corpo e della mente assai diffuso, mentre il problema di come nutrirsi per evitare la perdita di peso, in certi casi letale, interessa la stragrande maggioranza dei malati. I libretti non servono solo a informare, ma a dare più forza ai pazienti mettendoli in grado di riconoscere le proprie afflizioni e, di conseguenza, di porre domande ai loro curanti, pretendendo adeguate risposte. Lo stesso criterio ispira l’ultimo opuscolo nato in casa Aimac Padre dopo il cancro, rivolto ai maschi adulti che a causa delle cure antitumorali perdono, temporaneamente o definitivamente, la fertilità. L’opuscolo li informa sulle possibilità, che oggi ci sono, di crioconservare il seme.

Ma questi pur importanti traguardi non bastano. L’obiettivo è più ambizioso: dare impulso a una ricerca socio-sanitaria che ponga al centro il punto di vista dei malati. All’estero, specialmente negli USA, questo tipo studi è molto sviluppato grazie anche alla pressione delle agenzie e delle associazioni che rappresentano gli interessi dei pazienti. Non altrettanto in Italia. Per colmare questa lacuna, Aimac fa ricerca in proprio e collabora, con ruolo non secondario, agli studi socio-sanitari svolti dagli istituti a carattere scientifico con finanziamenti del ministero della Salute.

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Cap. 8: Nuove emergenze, nuovi bisogni
Da sempre alleato dei malati, il progresso scientifico nell’era delle biotecnologie e della biomedicina produce effetti paradossali. Per esempio, ora che molte forme di cancro, prima inguaribili, possono essere sconfitte, le associazioni dei malati, la comunità medica e i deus ex machina della spesa sanitaria sono alle prese con una nuova emergenza: come garantire una buona qualità alla vita-dopo-il-cancro che si prospetta lunga e tuttavia alquanto accidentata. La ricerca socio-sanitaria, in primis quella statunitense, ha infatti appurato che i malati guariti non sono solo a rischio di recidive o di tumori secondari, ma possono incorrere anche dopo molto tempo dalla guarigione in malattie correlate al tipo di neoplasia che li ha colpiti, e in complicanze derivate dalla chemioterapia e/o dalla radioterapia, riscontrabili con frequenza e intensità differenti a seconda della forma tumorale di cui si è sofferto e alla terapia antitumorale eseguita. Inoltre, alle complicanze cliniche si aggiungono quelle psicologiche e sociali perché le cure per guarire dal tumore durano qualche anno e lasciano molti strascichi nell’identità della persona, nella stima di sé, e quindi nelle relazioni affettive e nei rapporti lavorativi.

Nella letteratura scientifica italiana i guariti che escono dai circuiti della cura e tuttavia possono incorrere negli accidenti di cui sopra vengono chiamati lungo-sopravviventi. Nella letteratura internazionale in lingua inglese vengono chiamati cancer survivors, sopravvissuti al cancro, espressione che designa tutti coloro ai quali è stata diagnosticata una neoplasia. Tradotta in italiano, però, l’espressione attribuisce al cancro una valenza catastrofica e pertanto finora non è utilizzata nella lingua corrente bensì solo dagli addetti ai lavori. Questioni linguistiche a parte, la problematica della sopravvivenza ai tumori, che Aimac ha contribuito a far conoscere in Italia, è diventata una questione sanitaria e sociale a sé stante. 

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La tabella in alto traccia l’andamento tendenziale dei tumori in Italia fino al 2010, una data che – come si dice – sta dietro l’angolo. Ebbene, per questa data si stima che saranno quasi due milioni quanti vivono tra noi con un’esperienza di tumore alle spalle. Possiamo tranquillamente affermare che la maggior parte di loro (in maggioranza anziani visto che l’invecchiamento della popolazione è costante) stanno o dovranno affrontare la “sfida della sopravvivenza”. Secondo Andrea Micheli, epidemiologo dell’INT, se non si aggredisce qui e ora il problema della sopravvivenza oncologica, il contraccolpo sul bilancio del sistema sanitario sarà durissimo. Su questo giudizio convergono medici oncologi e associazioni di volontariato. E anche economisti, basandosi sui dati riguardanti la perdita di capacità lavorativa perdurante anche dopo il cancro, parlano di un “problema per l’intero tessuto sociale che va dalle famiglie fino allo Stato” (Giacomo Pignataro dell’università di Catania su Affari & Finanza di La Repubblica, 27 novembre 2006). La nuova emergenza oncologica è dunque conclamata. Si tratta quindi di trovare la terapia per guarirla, studiando i bisogni di coloro che la patiscono e dando loro una risposta, anche per evitare che sistema sanitario e sistema sociale non abbiano a pagare un prezzo troppo alto alla mancanza di tempestivi interventi socio-sanitari.

Riabilitazione è la parola chiave dell’intervento auspicato dalla task-force composta dalle associazioni di volontariato e dagli istituti a carattere scientifico che si occupa della vita dopo il cancro. Ma non si tratta della riabilitazione tradizionale, intesa come terapia di recupero di una funzione lesa, bensì di una riabilitazione multidisciplinare che mira a reintegrare nel proprio ambiente e nella società la persona lungo-sopravvivente. Essa è al centro di una serie di progetti commissionati dal ministero della Salute agli istituti a carattere scientifico. Aimac partecipa come consulente esperto e “voce dei sopravvissuti” al progetto, assolutamente innovativo per l’Italia, diretto da Umberto Tirelli per il Centro di riferimento oncologico (CRO) di Aviano, nel corso del quale verrà identificata l’ampiezza e la specificità dell’esperienza dopo il cancro per poi impostare una programma di sorveglianza sugli aspetti medici e psico-sociali, un programma stratificato per età e con particolare attenzione agli anziani. Infine verranno stabilite delle linee guida per la prevenzione delle complicanze sui soggetti lungo-sopravviventi allargando la sfera di intervento anche ai loro familiari.

E veniamo ora al secondo effetto paradossale del progresso scientifico. La mappatura del genoma umano ha aperto strade inimmaginabili: farmaci personalizzati, chemio- prevenzione intelligente, terapia recettoriale ecc. Le terapie con farmaci mirati hanno però costi proibitivi e pongono problemi di bilancio soprattutto agli ospedali. Non c’è convegno sulle nuove terapie antitumore in cui i primari oncologi non denuncino le difficoltà in cui si dibattono tra “razionalizzazione e razionamento”, il che costringe a scelte discriminatorie nei confronti dei malati. Malgrado la spesa sanitaria in Italia inglobi la gratuità di qualsiasi tipo di farmaco per i malati oncologici, va detto che quando il “razionamento” produce sofferenza fisica evitabile o accelera la fine di una vita, si pongono domande etiche cui bisogna dare una risposta. La posizione di Aimac è quella delle associazioni dei pazienti europei: contro le discriminazioni e per la “condivisione delle responsabilità” tra associazioni, medici, istituzioni sanitarie. Le associazioni devono informare i malati sulla necessità di discutere con i medici della efficacia e appropriatezza rispetto al proprio caso dei farmaci mirati, senza pretendere che vengano loro comunque prescritti. Ma è altrettanto importante che i medici prendano coscienza del valore anche economico e etico delle scelte terapeutiche. Quanto alle istituzioni, la loro maggiore responsabilità sta nella chiarezza delle scelte di politica economica. Inoltre, hanno il compito di monitorare l’utilizzo e l’utilità dei farmaci sulla base dei grandi numeri e di incentivare la prescrizione di farmaci meno cari ma di stessa, comprovata, efficacia. Infine, in un’ottica di competitività tra pubblico e privato, spetta ugualmente alle istituzione la promozione della ricerca clinica indipendente, per esempio per lo studio dei così detti farmaci orfani per le malattie rare, di vitale importanza anche in campo oncologico.


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