La Food and Drug Administration (Fda) ha approvato vemurafenib, la prima e unica terapia personalizzata per il trattamento del melanoma inoperabile o metastatico, positivo alla mutazione del gene BRAF V600E, presente nella meta' circa dei casi di melanoma, la forma piu' aggressiva e mortale di tumore della pelle. Inoltre, e' stato approvato, sempre dalla Fda, il test Cobas 4800 per la determinazione della mutazione di BRAF V600, un test diagnostico sviluppato da Roche per individuare i pazienti idonei per il trattamento con questo farmaco. L'approvazione di vemurafenib da parte della agenzia regolatoria americana si basa sui risultati di due studi clinici (BRIM2 e BRIM3) in base a quanto rilevato dal test Cobas 4800. In particolare, BRIM3 e' uno studio clinico mondiale, multicentrico, randomizzato, controllato, in cui l'Istituto G.Pascale di Napoli ha avuto un ruolo di primo piano.

I dati dello studio sono stati presentati a Stoccolma al Congresso europeo di Oncologia. "Il gene BRAF ha un ruolo chiave nella trasmissione dei segnali di proliferazione cellulare e la sua mutazione e' presente in circa il 50% dei casi di melanoma", afferma il dottor Paolo Ascierto, dirigente medico dell'Unita' di oncologia medica dell'Istituto dei Tumori Fondazione G.Pascale di Napoli. "Questa mutazione genetica fa si' che la cellula - continua - sia in continua proliferazione e determina lo sviluppo del tumore. Da qui l'idea di agire in modo mirato su questa proteina per spegnerla e quindi bloccare l'evoluzione del tumore". I risultati raggiunti da vemurafenib hanno dimostrato "che questa idea puo' portare a una svolta nel trattamento del 50% dei casi di melanoma". Vemurafenib e' disponibile negli Stati Uniti gia' da settembre, mentre per quanto riguarda Europa, Svizzera, Australia, Nuova Zelanda, Brasile, India, Messico e Canada, Roche ha gia' depositato le domande di autorizzazione agli organi competenti. Nell'attesa che le istituzioni sanitarie forniscano le dovute autorizzazioni, Roche ha deciso di mettere a disposizione vemurafenib per tutti quei pazienti con melanoma metastatico positivo alla mutazione di BRAF V600 precedentemente trattato o non trattato, attraverso un programma mondiale di accesso allargato al farmaco chiamato Expanded Access Program (EAP). Ma come agisce il nuovo farmaco? In pratica vemurafenib "riesce a inibire specificatamente la proteina BRAF mutata - spiega Ascierto - e spegne il circuito di proliferazione cellulare.

E' il primo caso di terapia personalizzata e molecolare di cosi' ampia portata in oncologia. I dati dello studio BRIM3 hanno mostrato che anche i pazienti con malattia avanzata rispondono immediatamente al trattamento: dopo appena 7 giorni i pazienti hanno un immediato beneficio. E' come se - aggiunge - avvenisse uno spegnimento metabolico della malattia". Non solo. L'inibitore di BRAF "da' degli effetti anche a livello del sistema immunitario. Attraverso diversi meccanismi: aumentando gli antigeni, potenziando lo stesso sistema immunitario all'interno del tumore, richiamando globuli bianchi e linfociti all'interno del tumore. E questo e' importante". L'Istituto Pascale di Napoli e' stato il secondo centro al mondo ad arruolarsi in questo studio e questo "e' un dato importante - sottolinea Ascierto - perche' sottolinea che l'Italia ha contribuito enormemente allo sviluppo di questa molecola". I dati di BRIM3 hanno rilevato una riduzione del rischio di morte del 56% e del rischio di progressione della malattia del 74%. "Risultati eccezionali - continua Ascierto -. Prima di questo farmaco i pazienti con melanoma avevano una mediana di sopravvivenza di 6,2 mesi. Adesso, a un anno, questa mediana non e' ancora stata raggiunta. Probabilmente - conclude - sara' al di sopra di un anno".

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