Di Stefan C. Muller*
Il carcinoma della vescica e delle vie urinarie è il secondo maligno più frequente in ambito urologico. Uno dei più noti fattori di rischio per il tumore vescicale è rappresentato dal fumo di sigarette. Circa il 70 per cento dei tumori vescicali viene riscontrato al momento della diagnosi ancora in uno stato di crescita superficiale, ma nel 30 per cento il tumore infiltra già profondamente la parete vescicale ed in alcuni casi si presenta già con metastasi. Il sintomo d’esordio classico è rappresentato da sangue nelle urine in assenza di dolore.
Solo la cistoscopia fatta da un urologo esperto permette una diagnosi sicura. Nuove tecniche, come la cistoscopia con 5-ALA, possono permettere una diagnosi ancora più accurata. A scopo curativo per valutare la gravità della malattia si asporta endoscopicamente la zona del tumore. L’esame istologico permette poi di distinguere tra tumori con crescita limitata in superficie e tumori che invadono la parete muscolare della vescica. In caso di crescita superficiale il paziente dovrà ricorrere a controlli cistoscopici routinari, trattandosi di lesioni che tendono facilmente a recidivare.
L’uso di terapie intravescicali con immunostimolanti o chemioterapici sembra diminuire la tendenza del tumore a recidivare e si spera che tale terapia impedisca la progressione del tumore in forme più gravi.
Se il tumore invade la parete muscolare della vescica spesso non è più curabile con la sola asportazione endoscopica. La migliore sopravvivenza viene garantita solo dalla rimozione completa chirurgica della vescica e nell’uomo anche della prostata.
Solo a partire dagli anni Ottanta è stato chirurgicamente possibile creare, con parti dell’intestino una nuova “vescica” che può essere collegata all’uretra, così da sostituire in modo relativamente naturale la vescica. L’estensione della malattia a livello dell’uretra ci obbliga a rimuovere anche il tratto terminale delle vie urinarie. In tal caso si preferisce costruire un serbatoio urinario con chiusura a valvola, che viene svuotato, con una cateterizzazione intermittente, da un foro al posto dell’ombelico, cosmeticamente invisibile.
Un’altra soluzione consiste nell’impianto chirurgico, con una tecnica speciale, degli ureteri nella parte terminale dell’intestino, il sigma. In tal caso si sfrutta la presenza dello sfintere anale come meccanismo naturale di continenza delle urine. In caso di tumori avanzati con metastasi, o in caso di pazienti molto anziani, si preferisce derivare le urine tramite uno stoma all’esterno del corpo: le urine vengono poi raccolte da una sacchettina.
Pazienti con tumori vescicali non più controllabili con la sola chirurgia necessitano di una polichemioterapia successiva che, grazie a nuovi farmaci, risulta molto meno tossica rispetto al passato.

* Direttore della Clinica Urologica dell’università di Bonn (Germania)

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