La legge stabilisce che il malato di cancro deve vedere riconosciuta l'invalidità entro quindici giorni ma in Sicilia passa in media un anno di Andrea Uzzo
In Sicilia sono rimasti lettera morta i termini previsti dalla legge 80 del 2006, che riduce per il malato di cancro a 15 giorni il periodo entro il quale la commissione medico-legale dell'Asl deve fissare la data della visita d'accertamento dello stato d'invalidità. Accertamento che efficacia immediata per conseguire il godimento di tutti i benefici previsti.
La legge è stata applicata in modo “assolutamente negativo” sottolinea il coordinatore medico-legale dell’I nps regionale, Vincenzo Morana.
Due le cause: le Asl non rispettano quasi mai il termine di due settimane e – secondo intoppo – nel trasferimento dei verbali da Inps a Prefetture il procedimento – dice Morana – “si blocca”. Risultato: per ottenere le agevolazioni, conclude il coordinatore dell’Inps, “trascorre in media un anno”.
Il quadro è emerso nel corso del convegno “il volontariato oncologico nel Sud per il Sud” che la Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia) ha organizzato in questi giorni presso la sede del Cesvop, con la collaborazione del Centro servizi e l’obiettivo di capire i bisogni dei malati di cancro nell’isola.

“Oggi il 50% dei malati di tumore guarisce e nel restante 50% in molti casi la malattia si cronicizza”, spiega il presidente nazionale della Favo, Francesco De Lorenzo, che punta l’accento sulla necessità della “Riabilitazione per i soggetti colpiti dal cancro” che definisce un “diritto negato”.
“Il malato di cancro – sostiene De Lorenzo – è a tutti gli effetti un disabile e una persona in trattamento chemioterapico non può vedere riconosciuto lo stato d’invalidità dopo molti mesi quando, magari, ha terminato la terapia”.
Guardando le cose dal fronte del volontariato le cose non migliorano.
Le cifre sono ingenti: 20 mila casi di tumore in Sicilia ogni anno e 9 mila decessi. Ma basta scambiare due parole con alcuni operatori per capire i problemi del volontariato oncologico siciliano.

Il “muro di indifferenza delle istituzioni”, dice Rossella Iemmiti, presidente dell’Anvolt locale (un’associazione che si occupa di assistenza domiciliare ai malati terminali di tumore e di prevenzione con visite ginecologiche e mammografiche nell’ambulatorio di piazza Sturzo 44). È la “carenza di fondi” denuncia Francesca Catalano, presidente dell’Andos di Catania, con il sostegno, tra gli altri, della Fondazione Banco di Sicilia, “stiamo portando avanti un progetto per prevenire il tumore al seno, attraverso il test genetico. Purtroppo stiamo per esaurire le risorse e se non troveremo altri finanziatori saremo costretti a interromperlo”. Inoltre, racconta Catalano, dopo cinque anni la Regione non rimborsa più la mammografia alle donne che hanno avuto un tumore al seno e mi sono capitati casi di donne guarite che hanno avuto delle ricadute scoperte in ritardo, in quanto non si sono sottoposte più allo screening mammografico a causa dei costi alti”.

“La Regione – conclude la senologa – deve farsi carico di queste spese ed esentare a vita dal ticket le donne che hanno avuto un carcinoma al seno e quelle con mutazione genetica accertata, che corrono l’alto rischio di ammalarsi”. Vere emergenze, dunque. Per affrontarle, il convegno ha posto le basi per la creazione della delegazione regionale della Favo, con il sostegno dei tre centri servizi siciliani dell’Inps. Primo obiettivo: un incontro con l’assessore regionale alla Sanità Legalla.

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