Sono 2 milioni e 250mila gli italiani che hanno affrontato il cancro: un milione e 500mila l'ha sconfitto. Ecco perché aumentano e perché ci si ammala di più al Nord di Vera Martinella

MILANO - Sono due milioni e 250mila gli italiani che vivono con una diagnosi di tumore, il quattro per cento dell’intera popolazione, quasi una persona ogni 25. Spesso si tratta di donne e di anziani: un terzo ha più di 75 anni e circa tre quarti (un milione e 600mila) hanno oltre 60 anni, mentre quasi 200mila ne hanno meno di 40. Se le cifre impressionano spingono anche all’ottimismo: cresce la sopravvivenza e dal 1992 è quasi raddoppiato il numero di persone viventi con tumore, 800mila sopravvivono a più di dieci anni dalla diagnosi e in 700mila possono dirsi definitivamente guariti. I dati sono contenuti nell’ultimo rapporto dell’Associazione italiana registri tumori (Airtum), appena pubblicato come supplemento alla rivista Epidemiologia & Prevenzione, che rileva al 1° gennaio 2006 la prevalenza della patologia tumorale in Italia basandosi sui dati raccolti da 24 registri tumori.

I «SOPRAVVIVENTI», NUOVA CATEGORIA CON NUOVI BISOGNI - Grazie a diagnosi sempre più precoci e a terapie sempre più efficaci, oggi da molti tumori si può guarire. Un aspetto originale di questa indagine è la possibilità di distinguere i pazienti con una diagnosi recente, ancora soggetti a trattamento e sorveglianza più intensiva, da quelli in cui il tumore è stato diagnosticato da oltre cinque anni. Questi ultimi sono quasi un milione e 300mila, cioè il 2,2 per cento della popolazione italiana, sono spesso liberi da malattia e da trattamenti antitumorali e vengono definiti lungo-sopravviventi. Un piccolo esercito in crescita che sta bene, ma spesso ha ancora bisogno di riabilitazione post-trattamenti per raggiungere una qualità di vita ottimale in ambito familiare, sociale e lavorativo. «Un messaggio emerge chiaramente da questo lavoro - sottolinea Luigino Dal Maso del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano (Pn), coordinatore del rapporto 2010 con Stefano Guzzinati dell’Istituto Oncologico Veneto e Roberta De Angelis dell’Istituto Superiore di Sanità -: i tumori sono malattie curabili e guaribili. Detto questo, l’impatto delle malattie neoplastiche sulla qualità di vita delle persone non va minimizzato». Non bisogna insomma dimenticare le implicazioni di carattere psicologico come la paura per una ripresa della malattia, l’esperienza di isolamento, l’ansia, lo stress, la fatigue (il senso di affaticamento cronico comune a molti ex pazienti). E ancora, per esempio, le difficoltà di reinserimento al lavoro e nella ricerca di un nuovo equilibrio in famiglia e nella coppia.

PERCHÉ CRESCE IL NUMERO DEI PAZIENTI CON TUMORE - L’invecchiamento demografico, particolarmente accentuato in Italia, è responsabile in buona misura dell’aumento di casi perché i tumori si manifestano soprattutto nelle fasce di età anziane. «Esiste poi sicuramente una componente legata all’aumento di incidenza - spiega Stefano Ferretti, Segretario nazionale Airtum -, in parte per effetto di una aumentata esposizione a fattori cancerogeni (come accade per il carcinoma polmonare tra le donne a causa della diffusione del tabagismo nel sesso femminile) e in parte per l’estensione delle campagne di screening e di diagnosi precoce. In questi casi, il maggior numero di tumori rilevati rappresenta in realtà un’anticipazione delle diagnosi che si sarebbero sviluppate più avanti negli anni e che invece vengono scoperte in una fase più precoce». Anticipazioni che consentono una maggiore efficacia della terapia e, di conseguenza, una riduzione della mortalità. «È quanto si osserva, per esempio, per i tumori della cervice uterina, del colon retto e della mammella - aggiunge Ferretti -. E il mix fra diagnosi precoce e nuovi trattamenti disponibili spiega come mai nell’ultimo ventennio la sopravvivenza per tumore sia progressivamente aumentata per quasi tutti i tipi di cancro». Fatte le debite proporzioni, comunque, confrontando i dati nostrani con quelli di Stati Uniti e Paesi scandinavi (per i quali sono disponibili statistiche sistematiche paragonabili alle nostre) il numero di malati in Italia è molto simile a quello registrato in nord Europa e inferiore di almeno il 15 per cento rispetto a quello americano.

PIÙ MALATI AL NORD - Tra le donne la diagnosi più frequente (42 per cento, oltre mezzo milione di italiane) è quella di tumore della mammella, mentre tra gli uomini il primato (con il 22 per cento, quasi 220mila maschi in tutto) spetta al carcinoma della prostata. Dal rapporto affiorano poi differenze geografiche rilevanti nella percentuale di persone viventi con una neoplasia: si passa da oltre il 5 per cento in alcune aree del Nord, fino a valori tra il 2 e il 3 per cento al Sud. «È indubbio che la proporzione di malati sia più alta al Centro-Nord rispetto al Sud - commenta Dal Maso -. Un dato che non stupisce perché è il naturale risultato delle tendenze storiche dell’incidenza dei tumori in Italia, che soprattutto in passato vedeva il Sud su livelli di rischio notevolmente più bassi. Per esempio, diversità geografiche particolarmente marcate (percentuali doppie al Nord rispetto al Sud) sono emerse per tumori spesso legati agli stili di vita, come di seno e colon retto, per i quali gioca un ruolo importante la diversa presenza dei programmi di screening».

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