Le terapie a bersaglio molecolare nascono dalle ricerche più recenti. Il loro meccanismo di azione si basa sulla capacità di legarsi specificamente ai bersagli molecolari identificati nelle cellule tumorali. Per questo motivo sono definite anche terapie ‘mirate’. Questo particolare meccanismo ne rende altamente selettiva l’azione, lasciando del tutto inalterate le cellule normali, contrariamente a quanto avviene con la chemioterapia.

Le terapie a bersaglio molecolare possono essere utilizzate soltanto se nelle cellule tumorali (incluse quelle presenti nel sangue o in altri campioni biologici prelevati dal paziente) vengono identificati alcuni ‘marcatori’ diagnostici specifici, collegati all’esistenza nel tumore di uno o più bersagli molecolari. Se questi marcatori sono assenti, il paziente verrà trattato con le terapie disponibili adatte al suo caso.

In sostanza, la terapia a bersaglio molecolare consente un trattamento specifico e selettivo mirato a correggere la mutazione genetica che è causa della malattia attraverso l’inibizione o la stimolazione del bersaglio molecolare tipicamente alterato in quella determinata malattia. Individuare la mutazione genetica alla base della malattia è fondamentale perché ogni mutazione predispone alla risposta a una terapia specifica.

Nello sviluppo del melanoma sono coinvolte più mutazioni genetiche: quella correlata principalmente con melanomi associati con l'esposizione intermittente al sole, quella correlata con i melanomi della cute esposta cronicamente al sole (come il volto) e quella correlata con i melanomi della cute minimamente esposta al sole (ad esempio mani e piedi, ecc.). Le mutazioni identificate come le più frequenti e le più importanti sono quelle a carico del gene BRAF, che si riscontrano in circa la metà dei casi di melanoma. Questi pazienti possono beneficiare della terapia a bersaglio molecolare. Attualmente, tre combinazioni di farmaci (inibitori del gene BRAF in associazione con inibitori del gene MEK) sono disponibili in Italia, somministrati insieme per “spegnere” in maniera più efficace e prolungata la proteina mutata del gene BRAF, secondo il seguente schema:

  • vemurafenib (Zelboraf®, inibitore BRAF) + cobimetinib (Cotellic®, inibitore MEK);
  • dabrafenib (Tafinlar®, inibitore BRAF) + trametinib (Mekinist®, inibitore MEK);
  • encorafenib (Braftovi®, inibitore BRAF) + binimetinib (Mektovi®, inibitore MEK).

È stato infatti dimostrato che l’associazione di farmaci inibitori del gene BRAF con quelli inibitori del gene MEK è ampiamente superiore alla terapia con il solo BRAF-inibitore in termini di controllo di malattia e di minor numero di effetti collaterali cutanei. L’utilizzo combinato di questi farmaci sembra ritardare lo sviluppo di resistenza alle terapie molecolari nelle cellule tumorali e causare minori effetti collaterali nei pazienti.

Nell’1-3% dei melanomi - soprattutto quelli delle mucose, delle mani e dei piedi o del volto - sono presenti mutazioni a carico del gene c-KIT che possono trarre beneficio dal trattamento con farmaci a bersaglio molecolare quali imatinib (Glivec®) o nilotinib (Tasigna®).

Effetti collaterali

Le reazioni alla terapia a bersaglio molecolare variano da soggetto a soggetto e di solito possono essere facilmente controllate con appositi farmaci.

Gli effetti collaterali più frequenti sono dolori articolari, stanchezza, arrossamento cutaneo, formazione di calli alle mani e piedi, prurito, febbre, dolori muscolari, secchezza della pelle e fotosensibilità.

Per alleviare la reazione alla luce del sole è bene evitare di esporsi ai raggi solari anche involontariamente (come ad esempio stando in auto o scendendo in giardino). È utile ed importante proteggersi sempre con creme solari ad alta protezione e indossando abiti coprenti (ad esempio, vestiti a maniche lunghe, pantaloni, ecc.). È sconsigliatissimo andare al mare o in montagna.

Un effetto collaterale importante causato dagli inibitori del gene BRAF è lo sviluppo di cheratosi e di altre formazioni cutanee, tra cui anche il carcinoma a cellule squamose, che deve essere rimosso chirurgicamente. Tuttavia, l’insorgenza di queste lesioni non rappresenta un problema perché hanno un decorso benigno. Per questo motivo, durante il trattamento con gli inibitori di BRAF è utile un controllo periodico dal dermatologo.

Un effetto collaterale tipico della combinazione dabrafenib + trametinib è la febbre dovuta all’azione dei farmaci e non alla presenza di infezioni. La sospensione temporanea della terapia (2-3 giorni) e il trattamento con antipiretici risolvono tale effetto collaterale.

Gli effetti collaterali più comuni in pazienti trattati con la combinazione di encorafenib + binimetinib sono stanchezza, nausea, dolori muscolari e articolari, aumento dei valori dell’enzima creatina fosfochinasi (CPK) nel sangue periferico.

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