In termini generali, affrontare una gravidanza dopo il cancro non aumenta il rischio di recidiva, ma ciascun caso va valutato singolarmente, tenendo conto del tipo di tumore, delle terapie somministrate, dell'età e delle condizioni cliniche della paziente. In generale è consigliabile attendere almeno uno o due anni dalla fine dei trattamenti prima di pensare al concepimento, dato che il rischio di un'eventuale ripresa della malattia è più elevato in quest'arco di tempo.

Dopo un trattamento antitumorale la percentuale di aborti spontanei risulta leggermente aumentata, ma non vi è un maggior rischio di malformazioni congenite per il bambino. Per questo motivo la gravidanza nella donna guarita da tumore deve essere seguita presso strutture dotate di personale esperto.

Se la gravidanza non si realizza per vie naturali o se la donna ha scelto in precedenza di congelare i propri ovociti, si può ricorrere alla procreazione medicalmente assistita, termine con il quale si indicano tutte le metodiche di manipolazione extracorporea dei gameti attuate per ottenere una gravidanza. La legge[1] consente l'accesso a queste metodiche alle ‘coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, con un'infertilità certificata dallo specialista.

Ad oggi le tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno fatto nascere più di cinque milioni di bambini. Rispetto alla gravidanza naturale, le gravidanze ottenute con queste tecniche evidenziano un lieve incremento degli aborti spontanei (benché ciò dipenda anche dall'età della paziente, di solito più avanzata), un maggior numero di gravidanze gemellari, con conseguente maggior rischio per la salute del feto; pari frequenza delle malformazioni genetiche più comuni. Secondo alcuni studi, il rischio di parto prematuro e di ritardata crescita del feto è più elevato anche nelle gravidanze singole.

Le tecniche più diffuse di procreazione medicalmente assistita sono:

  • l'inseminazione intrauterina (IUI);
  • la fecondazione in vitro con trasferimento dell'embrione in utero (FIVET);
  • l'iniezione intracitoplasmatica di un singolo spermatozoo (ICSI).

La ICSI è l'unica tecnica utilizzabile dopo la guarigione, dalle donne che hanno avuto un tumore e che hanno congelato in precedenza i propri ovociti.

Tutte queste tecniche sono precedute da una stimolazione dell'ovulazione multipla che consiste nel somministrare alla donna ormoni per produrre più ovociti in un solo ciclo. Poi segue il prelievo chirurgico degli ovociti prodotti e la loro successiva fecondazione. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono disponibili presso centri di alta specializzazione. In Italia al 2014 operano 362  centri di procreazione assistita distribuiti su tutto il territorio nazionale i cui indirizzi sono disponibili sul sito del Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita dell'Istituto Superiore di Sanità.

 

[1]  Legge 40/2004 "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita".

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